Continua il dibattito su l’Avvenire con i contributi di Pittella e Fedeli
"Un servizio civile nuovo richiede nuove funzioni, autonomia dipartimentale, progetti di lunga durata e una dotazione finanziaria che, a oggi, non è adeguata". Qui, di seguito, i contributi di Gianni Pitella e Valeria Fedeli.
Caro direttore,
dall’appello che il 7 aprile eminenti personalità della cultura e del sociale hanno lanciato in dialogo con lei dalle pagine di 'Avvenire', è scaturito un dibattito di alto profilo sul contributo che un 'nuovo' Servizio civile universale, ripensato in molti dei suoi caratteri, possa dare in un mondo in stabile emergenza, un ossimoro cui dovremo abituarci. L’emergenza sanitaria (e ambientale e sociale) sembra diventare un tratto identitario stabile che dovrebbe indurre una società democratica a rafforzare gli argini, non nel senso di chiusure nazionaliste e regressive ma nella direzione di un rafforzamento delle strutture di protezione e sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Il «mutualismo civico» e il «vincolo solidale» di cui parla il presidente Conte intervenendo in questo dibattito sono esattamente i parametri costituzionali e valoriali entro cui si iscrive la difesa non armata e non violenta della patria che trova nel servizio civile la sua espressione principale e che oggi può assumere una rinnovata centralità nella costruzione di una forza di pace, di solidarietà e di sostegno alle marginalità.
La nostra idea è che a tal fine bisogna lavorare per ampliare i settori di intervento del Servizio civile, per dare maggiore autonomia alla struttura dipartimentale che lo governa e un carattere di maggiore continuità temporale e funzionale ai progetti che lo regolano.
Sul primo punto, possono estendersi e specificarsi i settori di intervento su più livelli. Il livello socio sanitario, permettendo anche di operare in alcuni settori di genere educativo, preventivo e consultorio, dopo una specifica formazione dei volontari nell’assistenza al personale professionale nella prevenzione e nel contrasto alle dipendenze. Il livello formativo, accompagnando anche le tradizionali attività socio culturali oggetto dei bandi di servizio civile a una formazione di lunga durata che ne rafforzi i profili di conoscenza e di esperienza. Il livello di integrazione sociale, il servizio civile rappresentando anche uno strumento di sostegno al reddito di giovani entro i 29 anni che in una congiuntura di drammatica riduzione delle opportunità di lavoro e di contrazione del proprio reddito familiare può rappresentare una opportunità unica anche nell’auto-mantenimento agli studi universitari e post universitari. Il livello di supporto scolastico, giacché la diffusione capillare di modalità di insegnamento a distanza mette a dura prova molte famiglie, in cui i tempi di lavoro dei genitori o la loro non sempre adeguata preparazione informatica o culturale in genere apre a un drammatico ampliamento del divario tra studenti e famiglie. Ampliare tra le attività consentite ai volontari anche quelle di supporto scolastico sarebbe un principio di antidoto, di vaccino alla divaricazione sociale nella scuola.
Questo ripensamento funzionale, cioè nei settori e nelle attività, richiede altre due modifiche di fondo: strutturalità e continuità. Strutturare un dipartimento del Servizio civile, come nel caso della Protezione civile, con una maggiore dotazione di risorse e di personale dedicato può conferire maggiore autonomia e capacità di programmazione almeno triennale di un contingente annuo di 50mila volontari.
Dare continuità ai progetti è infine la più importante delle innovazioni. Allo stato, la modalità di pianificazione e realizzazione del servizio civile avviene per bandi annuali rivolti a enti accreditati che fanno della temporaneità della prestazione, della irripetibilità dell’attività da parte del volontario, dell’incertezza periodica dei risultati del bando i tratti distintivi. Se si vuole organizzare un’attività che abbia un respiro di medio-lungo periodo, garantendo una continuità all’impegno a tutela delle fasce deboli e a sostegno del tessuto sociale e culturale, bisogna operare in senso inverso: come rilevato anche dall’Associazione delle fondazioni filantropiche italiane, è necessario consolidare nel tempo le esperienze e l’organizzazione, non precarizzarle con bandi e progetti annuali.
Un servizio civile nuovo dunque richiede nuove funzioni, autonomia dipartimentale, progetti di lunga durata e una dotazione finanziaria che, a oggi, non è adeguata. Il dibattito sul Decreto Rilancio e sulla prossima Legge di Bilancio rappresentano, perciò, occasioni preziose in tal senso. Serve un nuovo corso per un tempo nuovo, in cui lo Stato non arretra di fronte al disagio, bensì impiega per contrastarlo anche la più importante risorsa che abbiamo: i nostri giovani.
( fonte articolo: Avvenire - fonte foto: Consorizio Co.re)