Servizio Civile. Certificazione competenze, nodi che rischiano di penalizzare i giovani
Mazzarella (Inapp): "La situazione sul tema della certificazione delle competenze in Italia è molto articolata ed è un iter complesso". E per il servizio civile il discorso è ancora più complesso.
Il 4 aprile scorso, con una scarna comunicazione sul suo sito, il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio Civile Universale (SCU), ha notificato agli enti i "nominativi dei referenti delle università quale supporto per l'individuazione, validazione e certificazione delle competenze nell'ambito del Servizio civile universale". "Tale elenco - si legge ancora nella comunicazione - è pubblicato nel quadro di una collaborazione avviata fra il Dipartimento per le politiche giovanili e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane ed è finalizzata ad arricchire l'istituto del Servizio civile universale. La comunicazione si inserisce in un'azione più ampia che il Dipartimento sta conducendo negli ultimi mesi e che punta ad un maggior collegamento tra SCU e certificazione delle competenze, legandole strettamente alla misura aggiuntiva del tutoraggio e prevedendo per la prima volta un loro esplicito rimborso di 200 euro per le spese sostenute dagli Enti.
"La situazione sul tema della certificazione delle competenze in Italia è molto articolata ed è un iter complesso, partito ormai anni fa, e che da ultimo ha portato al Decreto interministeriale del 5 gennaio 2021, con il quale si sono approvate le Linee guida che rendono operativo il sistema nazionale di certificazione delle competenze", ci dice Riccardo Mazzarella che per L'Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) partecipa al Tavolo tecnico promosso dalla Conferenza nazionale enti di servizio civile (CNESC) sul tema.
"Tutto il processo si poggia su due gambe: cosa si certifica, e questo ce lo dice il Repertorio nazionale delle qualificazioni, e chi e come si fa, ossia gli enti titolati, riconosciuti espressamente dagli enti titolari (Ministeri e Regioni) e le relative modalità di attestazione. E anche per questo la questione qui si complica, perché esistono repertori regionali delle competenze diversi, ma soprattutto modalità di attestazione, che presentano un diverso grado di implementazione tra Regione e Regione", prosegue Mazzarella.
Dal punto di vista del servizio civile il discorso è per certi versi ancora più complesso e "in parte di natura normativa - conclude l'esperto dell'INAPP - perché non è chiaro chi e sulla base di quale repertorio possa certificare le competenze strettamente riferibili ad esso. È qualcosa che andrebbe definito prima a livello istituzionale, come in parte si è provato a fare - senza successo - già nel 2015".
La questione è stata sollevata di recente dalla stessa Cnesc che con una lettera alla ministra con delega, on. Fabiana Dadone, ha sottolineato come "la pubblicazione delle Disposizioni per la redazione dei programmi di intervento e del Decreto 31/2022 lo scorso 25 gennaio che prevedono un percorso di tutoraggio finalizzato alla certificazione delle competenze a nostro avviso, presentano, per come sono formulati e per i tempi di applicazione, diverse criticità tali da rischiare di disincentivare l'adozione della misura da parte degli enti e di non raggiungere gli obiettivi previsti dal PNRR, con scarse ricadute nel percorso dei giovani". Allegata alla lettera una "Nota interpretativa" che - aggiunge sempre la Cnesc - "è il frutto delle diverse interlocuzioni che gli enti Cnesc hanno avuto con le Regioni, enti titolari, esperti nel tentativo di capire come poter applicare la misura e che ci hanno messo di fronte a criticità oggettive". "Qualora essa venga accolta contribuirebbe a dare una prima attuazione nei programmi e progetti da depositare entro il 29 aprile 2022, alle disposizioni contenute nei documenti citati, in un percorso che richiede accordi fra diverse istituzioni, preparazione adeguata sia degli enti di servizio civile che degli enti titolari e titolati del sistema di certificazione, definizione delle competenze oggetto della messa in trasparenza, attestazione, validazione e certificazione, formazione di personale, individuazione di procedure e valutazione dei costi per far sì che quei giovani che vorranno chiedere la certificazione, la possano ottenere nella misura più ampia e quindi da poter valorizzare nel percorso lavorativo e di vita nella comunità. Tutti temi che dovrebbero essere oggetto dello specifico gruppo di lavoro che dal 2020 stiamo chiedendo", conclude la lettera dell'associazione di enti di servizio civile.
(Fonte articolo: Redattore Sociale - fonte foto: Parole di Management)