Il Servizio Civile si fermi ad ascoltare i suoi giovani

di Enrico Maria Borrelli

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Da quando il servizio civile non è più il luogo dei renitenti alla leva e degli obiettori di coscienza, tutte le parti politiche gli ammiccano con simpatia. Come a dire: finalmente un servizio civile sgombero da quelle ideologie superate quali il pacifismo, le battaglie per il disarmo e la contrarietà all’uso delle armi per la risoluzione dei conflitti!

Per qualcuno, probabilmente, nel 1998 l’Italia cadde nel terribile errore di riconoscere l’obiezione di coscienza tra i diritti soggettivi dell’individuo «nell’esercizio delle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici». La storia, si sa, è piena di errori! Poi, per una fortunata coincidenza, il parlamento italiano decise dal 2005 la sospensione della leva obbligatoria, insieme alla quale scomparve dal nostro ordinamento la possibilità che un cittadino si dichiarasse obiettore di coscienza. Il solito qualcuno avrà pensato: “oramai il servizio civile è patrimonio della Nazione, gli obiettori non hanno più motivo di obiettare, e chi sceglie di prestare servizio civile oggi, va da sé, non può e non deve esprimere forme di obiezioni alle armi”.

Il limite di tanta politica giovanile è da sempre quello di pensare cosa sia giusto per i giovani senza mai porsi il problema di condividerlo con loro, di discuterne con loro, confondendo evidentemente le politiche giovanili con quelle dell’infanzia.

Capita così che se i giovani in servizio civile vengono invitati a sfilare alla parata militare del 2 giugno, a nulla vale la decisione in senso contrario della loro assemblea nazionale, l’unica assise in cui i delegati di tutta Italia si riuniscono per parlare della loro esperienza di difesa della Patria, incontro dal quale emerge la sensibilità di una generazione che, sebbene non abbia mai dovuto obiettare alle armi, non condivide il senso di una sfilata militare quale rappresentazione di una Repubblica democratica. E chiede di poterne prendere le distanze, in maniera garbata, ragionevole.

Ma ciò che hanno votato decine di migliaia di giovani è derubricato come offensivo per le forze armate e dichiarato irricevibile dal Governo. Questa è un’Italia vecchia, ferma di fronte al suo specchio, più facilmente incline a ripercorrere la sua storia che a guardare avanti con coraggio.

Il prossimo 2 giugno è ancora lontano e chissà che tanto tempo non basti ai giovani per decidere da soli se stare dentro alle transenne della parata o fuori a rappresentare l’Italia che cambia.

Auguri ai nuovi delegati nazionali dei volontari, in bocca al lupo all’Italia.