Alla crisi si risponde puntando sulle competenze dei giovani

di Andrea Pignataro

di Andrea Pignataro

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“Noi oggi parliamo spesso di capitale sociale, ma anche di capitale umano inteso come formazione delle persone, come di qualcosa che affianca sempre di più il capitale materiale: due fattori produttivi che mettono in moto l’economia. … anche dal capitale sociale, cioè dalla condivisione, dal rispetto delle cose di tutti, dal senso di appartenenza ad una collettività e ad una nazione, che possono derivare comportamenti consoni alla crescita economica. Parlo di un patrimonio che noi già possediamo …”

Così, nel suo breve ed intenso intervento presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma in occasione della Giornata Internazionale del Volontariato dello scorso dicembre, l’economista e Ministro del Lavoro Elsa Fornero accennava – in maniera assolutamente condivisibile peraltro – ad un tema di stretta attualità.

Da un lato la crisi economica, la disoccupazione giovanile a livelli patologici, la necessità di crescita del Paese per guardare con fiducia al futuro delle giovani generazioni. Dall’altro lato, i valori umani e sociali che una parte rilevante di queste giovani generazioni ha maturato e sta maturando, investendo ed impegnandosi in dinamiche di formazione esperienziale, di impegno, di cittadinanza attiva. E se è vero, come dice la Fornero e come – molto più modestamente – sosteniamo da anni, che questi valori e queste competenze maturati dai giovani nei tanti luoghi della partecipazione (come il Servizio Civile Nazionale) sono anche un capitale, ossia hanno anche una spendibilità professionale, sociale ed economica, crediamo sia giunto il tempo di valorizzarli. Ad esempio facilitando, con incentivi e sgravi fiscali, l’assunzione dei giovani che hanno svolto Servizio Civile Nazionale, come proposto dal Forum Nazionale per il Servizio Civile.

Qualcuno potrebbe pensare che questa proposta favorisca una ulteriore discriminazione intergenerazionale tra chi può e chi non può. Personalmente trovo questa argomentazione capziosa e superficiale.

In tempo di crisi si devono mobilitare le risorse migliori, è necessario puntare sulla qualità e sul valore aggiunto rappresentato dal fattore umano. Per rispondere al pessimismo irrazionale di questi mesi occorre risvegliare la fiducia collettiva nelle possibilità di crescita e di miglioramento. Occorre aria nuova, nuove energie. Si può perseguire il rinnovamento, anche dei fondamentali economici del paese, solo investendo sul protagonismo della meglio gioventù, quella che coniuga talento, apertura mentale, gusto del rischio, senso del merito e della competizione. Quella che si è formata non solo nelle scuole e nelle università, ma negli scambi giovanili, nelle mense sociali, nei mezzi antincendio, nelle residenze per persone anziane o con disabilità, negli Informagiovani, nella cooperazione all’estero.

Per questo è stato fondamentale che una legge sul lavoro abbia riconosciuto il ruolo del servizio civile nel promuovere lo sviluppo di abilità e di competenze e nel contribuire all’occupabilità dei giovani. Per questo sarebbe interessante includere degli indicatori economici alternativi nei rapporti statistici di ISTAT ed EUROSTAT, per verificare e poi rendere visibile il contributo che il settore non profit e, in particolar modo il servizio civile e gli strumenti simili, danno alle economie locali e nazionali. Per questo crediamo sia necessaria una battaglia per sostenere la creazione, in tutti gli stati dell’Unione, di procedure di certificazione atte a riconoscere lo sviluppo delle competenze acquisite attraverso le esperienze non formali, e lo sviluppo di una rete europea per convalidare questi apprendimenti. Per questo, infine, da anni spingiamo sulla responsabilità sociale d’impresa e sul coinvolgimento delle aziende in un sistema di valorizzazione delle esperienze virtuose dei giovani, incoraggiando e sostenendo la necessità di legami tra le aziende e le organizzazioni del terzo settore per facilitare lo scambio e l’adozione di buone pratiche in questo ambito.