Scampia: dove muore una speranza?

di Alessandro Sansoni

(di Alessandro Sansoni)

Alessandro_SansoniTalvolta la situazione precipita a tal punto che non è più possibile usare frasi di circostanza ed aggrapparsi alla retorica, anche appassionata. Bisogna parlare brutalmente, con rabbia, fuori dai denti, dicendo pane al pane e vino al vino.

E’ il caso dell’ennesimo omicidio di camorra avvenuto stamattina a Napoli, che ha visto soccombere sotto i colpi di due killer il cinquantenne Luigi Lucenti, legato alla fazione degli scissionisti.

Certo un crimine è sempre un crimine, un uomo morto ammazzato è sempre un fatto tragico, la camorra è il peggiore dei mali che colpisce Napoli: tutto vero, MA STAVOLTA E’ DIVERSO E PEGGIORE.

Il pluripregiudicato assassinato è stato finito, dopo essere stato ferito nei pressi della sua abitazione, nel cortile di una scuola materna, DICO UNA SCUOLA MATERNA!

In quel momento vi sostavano decine e decine di genitori che attendevano l’uscita dei loro bambini, gli alunni del V circolo didattico “Eugenio Montale” di Scampia, che stavano terminando di provare le canzoncine per la recita di Natale.

Tutto questo ha qualcosa di inaudito!

Il Lucenti ferito si era rifugiato proprio lì, forse pensando di poter scampare alla furia dei suoi assassini, quasi per istinto. Un istinto che gli faceva immaginare, persino ad un delinquente come lui, che l’infanzia è sacra, che esiste un codice non scritto che impone di fermarsi davanti alla soglia di un asilo popolato da bambini piccolissimi, che la violenza – anche la più efferata e sanguinaria – comunque certi limiti non può travalicarli: un po’ come avveniva nel Medio Evo davanti al sagrato di una Chiesa.

Lì anticamente il bandito, il perseguitato, il nemico sconfitto e braccato trovava rifugio, diritto d’asilo, uno spazio protetto dove a ragione o a torto doveva fermarsi la carneficina.

Invece no. La mentalità criminale che pervade Napoli e che Lucenti nella sua vita e con le sue azioni ha alimentato, non gli ha dato scampo. Onore, rispetto, appartenevano un tempo al codice camorristico e mafioso. Un tempo sarebbe stato inimmaginabile sparare in un luogo popolato da centinaia di bambini. Oggi non è più così. Oggi l’area Nord della città è in mano a bande di giovani selvaggi, strafatti a cocaina, senza regole né un barlume, non dico di coscienza, ma nemmeno di senso dell’ONORE.

Imparagonabili alle bestie, questi delinquenti abominevoli non sanno nemmeno che per un camorrista vero donne e bambini erano, una volta, intoccabili, perfino da proteggere. Siamo giunti al livello della violenza cieca, allo stato di natura hobbesiano.

Voglio dire che la faida di Scampia che si sta consumando in questi mesi, evidenzia come, volendosi esprimere con linguaggio cinico e crudo, la stessa qualità criminale degli attori è talmente infima da farci rilevare l’impossibilità da parte di costoro di trovare una qualche forma di “ordine malavitoso”. Insomma siamo all’anarchia, ovvero quanto di peggio possa accadere ad un consesso umano.

E’ lo specchio, tutto questo, di una città ridotta allo stato brado, dove anche in ambito legale sembra impossibile ricostruire un orizzonte di senso e che raggiunge, inevitabilmente, sotto il profilo delinquenziale, atrocità senza eguali.

Bisogna indignarsi. Tutti noi abbiamo l’obbligo di indignarci di fronte a questo caos. O i napoletani trovano la forza di riscoprire una qualche forma di impegno volto al riscatto civile della nostra terra, oppure non c’è più sicurezza per nessuno e continueranno a volare pallottole in mezzo a bambini di tre, quattro, cinque anni. Un orrore.