Perché avere cura delle giovani generazioni
La riflessione di Maria Cristina Pisani
All’indomani dell’Assemblea Generale, il Consiglio Nazionale Giovani si appresta ad inviare il Piano Nazionale per i Giovani al Governo, “un documento che può offrire al nostro Paese un indirizzo puntuale e condiviso sulle politiche pubbliche da adottare per le giovani generazioni”, precisa la sua presidente Maria Pisani che a ServizioCivileMagazine spiega perché è fondamentale “avere cura dei giovani”.
“La condizione giovanile è sinonimo di futuro ma questa espressione non basta a individuare i fenomeni complessi che la caratterizzano. Rischia, persino, di essere fuorviante se dovesse distrarre dall'urgenza del presente che siamo chiamati a vivere” ha detto qualche mese fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
È una considerazione importante. Comprendere che dalla capacità economica delle nuove generazioni dipenderà la stabilità del debito pubblico che stiamo generando e che loro stessi saranno chiamati a pagare, a loro insaputa, un conto che aumenterà oltre il 150% nel 2021, decine e decine di miliardi che proprio loro dovranno rimborsare,
è una consapevolezza indispensabile.
Il “pieno sviluppo della persona” sancito dall’articolo 3 della Costituzione italiana sta diventando, infatti, la più onirica delle utopie, eppure è la missione autentica dello Stato.
Per questo abbiamo chiesto in questi anni, più volte e con forza, alle istituzioni competenti un intervento legislativo organico sulle politiche per le giovani generazioni e, invece, anche a causa del Covid una nuova ondata di under 40 è pronta a emigrare. Abbiamo chiesto di liberare nuove energie contrastando le rendite esistenti e, invece, molti di loro avranno pensioni da fame a causa di carriere discontinue, part time involontari e salari bassissimi. Abbiamo chiesto nuove politiche economiche e, invece, rispetto alle generazioni di trent’anni fa i loro redditi si sono ridotti del trenta per cento mentre la ricchezza per gli over 50 è schizzata all’ottantanove per cento.
Abbiamo chiesto di coinvolgerli in tutti i processi decisionali per renderli non semplicemente soggetti destinatari ma protagonisti attivi delle scelte. D’altronde sono chiamati Millennials proprio perché hanno acquisito tutte le capacità per interpretare il nuovo millennio. Ed è rischioso lasciarli fuori dalla porta, ancora una volta, perché tra qualche anno saranno loro l’ossatura economica e sociale del Paese. In tal senso, la politica della democrazia in deficit crea un ulteriore deficit di opportunità ed equità – e quindi anche di libertà – per le future generazioni.
Da tempo chiediamo alle istituzioni un nuovo approccio generazionale nell’elaborazione delle politiche pubbliche che tenga conto delle reali necessità presenti e future dei giovani. Ora che l’Assemblea Generale ha approvato all’unanimità il Piano Nazionale per i Giovani – frutto di un lavoro entusiasmante, durato diversi mesi, attraverso un confronto costante dei nove focus group tematici – siamo pronti ad offrire al Governo un indirizzo puntuale e condiviso sulle politiche pubbliche da adottare per le giovani generazioni.
Alcune delle misure contenute nel ddl Bilancio 2021 – l’azzeramento per tre anni dei contributi per assunzioni di under-35, il contributo di 500 milioni annui per il diritto allo studio e altri 500 milioni l’anno per il settore universitario, 2,4 miliardi per l’edilizia universitaria e progetti di ricerca, 600 milioni annui per l’occupazione nel cinema e nella cultura e, infine, il fondo per il Servizio Civile incrementato di 200 milioni – iniziano finalmente ad andare nella direzione auspicata.
Questo per noi è motivo di grande soddisfazione perché già in occasione degli Stati Generali dell’Economia avevamo avanzato al Presidente del Consiglio Conte queste nostre proposte, ribadite di recente anche al Ministero dell’Economia, e contenute nel nostro Piano, con l’obiettivo di cercare di arginare il fenomeno preoccupante dell’aumento della disoccupazione giovanile e chiedere di realizzare, in tempi brevi, investimenti strutturali per evitare che il debito sia sempre di più un macigno sulle spalle delle prossime generazioni. Le politiche giovanili non sono un insieme di proposte per una sottocategoria sociale, troppo spesso messa all’angolo dalle Istituzioni. Rappresentano, invero, il punto di partenza per un rilancio, in chiave sostenibile, del nostro Paese.
Ci vuole insomma coraggio e audacia, la capacità di comprendere i loro bisogni reali e di disegnare nuovi strumenti e modalità per soddisfarli. I dati statistici con cui ci confrontiamo ogni giorno sono importanti ma dietro quei numeri ci sono vite e passioni.
Siamo tutti chiamati insomma alla generatività sociale: una prospettiva che richiama la cura, la responsabilità verso le future generazioni per favorire anche la produzione di capitale sociale. Un processo circolare che coinvolge i giovani non solo come oggetto di attenzioni delle generazioni adulte, ma che li obbliga a guardare, oltre le preoccupazioni del proprio presente, anche a quelle delle generazioni successive.
D’altronde le politiche di sviluppo necessitano di strategie precise, di investimenti mirati, supporto dei soggetti interessati, di milioni di giovani che oggi chiedono semplicemente un’occasione, l’occasione di partecipare alla ricostruzione del loro Paese.
Il pericolo che corriamo lasciandoli, ancora, in panchina è che i migliori talenti diventeranno titolari altrove con una enorme perdita sociale ed economica per il nostro Paese.