Burma, con Obama cresca la speranza
L’avvento di Barack Obama alla Presidenza degli Usa autorizza a coltivare la speranza
Comincia a serpeggiare speranza negli ambienti della dissidenza birmana.
L’apertura negli Stati Uniti di una probabile nuova fase politica sembra inaugurare, dopo anni di buio, una nuova stagione di libertà.
L’avvento di Obama alla presidenza degli Stati Uniti fa sperare in molti cambiamenti nella politica estera americana, anche se probabilmente i rapporti con la Birmania saranno simili a quelli instaurati dall’amministrazione Bush. Obama dovrà tenere conto dei due potenti alleati della giunta, la Cina e l’India. Infatti sono anni che i due governi ostacolano le sanzioni prese da Washington, che dovrà quindi lavorare a stretto contatto con Delhi e Pechino. La strategia diplomatica usata in passata ha fallito, anche se non vuol dire che va abbandonato la pressione attraverso le risoluzioni delle Nazioni Unite. Inoltre Washington deve rinunciare alla diplomazia unilaterale, favoreggiando i contatti multilaterali. Obama deve, inanzittutto, nominare un rappresentante speciale per la Birmania, come chiesto dal Jade Act nel 2008. Questo rappresentante dovrebbe iniziare dei tavoli di discussione a sette, incluendovi la Cina, l’India, l’ASEAN, l’UE e le NU. Questi dovrebbero mandare un messagio comune all’SPDC, che includa la richiesta del rilascio di Aung San Suu Kyi e degli altri prigioneri politici, insieme alle riforme democratiche.