Donne: mezzo secolo di parità: ci abbiamo guadagnato tutte?
A cinquant'anni dalla battaglia di Mortati, ecco il prezzo da pagare. Donne al fronte ferite e morte negli attentati (di Claudia Gorgoglione)
Parità è donna, ma anche guerra e pace lo sono. Concetti astratti che assumono valore del numero delle vite che puntualmente si interrompono o cambiano. Che sia per motivi di pace o guerra, poco importa, la proprietà commutativa può essere applicata. Soldato è uomo, ma anche donna. Cristina Buonacucina 27 anni di Foligno è donna, ma anche soldato. Che spara, ferisce, si difende e sopravvive. Stessa divisa, compiti, obblighi, diritti, doveri. Ed allo stato dei fatti il caporale Buonacucina sopravvive. Ferita ad Herat lunedì, è stata sottoposta in Germania a un intervento di stabilizzazione per le vertebre fratturate e ha effettuato controlli radiografici sulla frattura della gamba sinistra e del piede destro. (foto ilsecoloxix.ilsole24ore.com)
Poco lontano da Herat a Kabul, nella caserma di Kabul, le donne perdono la loro identità: volti coperti, capelli ben nascosti sotto l'elmetto. A Kabul non c'è alcuna legge di parità, Mortati non è mai esistito e forse mai ne esisterà uno. E la donna il soldato non lo può fare. Ma Cristina è uno fra i tanti casi, una delle 83 donne distribuite in Afghanistan e nelle altre missioni all'estero. Se qualcuna non avesse perso la vita, oggi, probabilmente ne conteremmo di più. E tra un anno, chissà, qualcuna ci sarà ancora, qualcun'altra avrà deciso di tornare a casa, qualcun'altra a casa potrà tornarci mai più. È il mostruoso gioco della guerra, e la guerra è anche donna. All'improvviso torna alla mente in momento in cui apprendo la notizia e si insinua l'eco della voce della mia guida - poveri nostri fratelli ragazzi e ora anche le donne.
E già perchè nell'attentato che ha colpito il nord-est dell' Afghanistan non ci sono stati solo feriti (oltre al caporale del 32.esimo reggimento Genio “Taurinese” è rimasto ferito anche Gianfranco Scirè, giovane di Casteldaccia) ma due ragazzi hanno perso la vita (si tratta sergente Massimiliano Ramadù, 33 anni, di Velletri, in provincia di Roma e il caporalmaggiore Luigi Pascazio, 25 anni, della provincia di Bari). “Siamo stati fortunati” ha giustamente detto il padre della giovane donna, ormai fuori pericolo. Ma ci chiediamo perchè. Come accade che una ragazza della nostra età, o che potrebbe essere una nostra amica, figlia, nipote, decide di vestire panni a macchie e scarpe pesanti, di respirare polvere ed avere paura. Di giorno e di notte. Per pace? Ma sarà davvero questo l'unico modo per far pace? Forse la morte non porta mai pace, questo piuttosto somiglia più alla definizione di guerra. Guerra che inorridisce il popolo dei social network.
La piattaforma più popolare del momento – facebook – conta circa 144 gruppi di solidarietà alle vittime dell'attentato e qui ci si imbatte anche nella pagina personale del Caporale ferito. Della donna ferita. Di Cristina. L'affetto delle parole scritte dai suoi amici lasciano un senso di angoscia. Grande assente, questa volta è la speranza. Che mai più possa accadere questo. E ritorna assillante un interrogativo: perchè? La guerra tra uomini e ora anche donne, perchè?