Internet. I download valgono oro: Mamma-Pirata multata per 1,5milioni!

di Angelo Di Pietro

Si conclude dopo due anni il processo a Jammie Thomas-Rasset, trent’enne americana, processata per aver scaricato illegalmente 24 canzoni. Condanna ingiusta o esempio per i trasgressori? (Angelo Di Pietro)

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Chi non ha mai scaricato musica illegalmente alzi la mano! Questo articolo è proprio per tutti quelli che, nel leggere il suo incipit, hanno buttato un’occhiatina all’icona di eMule sul desktop. In effetti i pirati informatici stanno avendo vita sempre più dura. Oltreoceano Jammie Thomas-Rasset, una madre trent’enne americana, è stata citata in giudizio dalla RIAA (Recording Industry Association of America, ovvero l’associazione delle major discografiche americane) per aver scaricato 24 brani musicali da Kazaa. Il fatto non è recente, anzi, il processo si è trascinato fino ad oggi per oltre due anni e solo ieri si è chiuso il suo ultimo capitolo: la donna è stata condannata a pagare una multa di 1,5milioni di dollari.

Cause del genere sono all’ordine del giorno per i tribunali americani e si concludono generalmente con un risarcimento simbolico di circa 3mila dollari. Stavolta però il tutto è diventato una vera e propria battaglia ideologia, nonché caso mediatico, perché la Thomas-Rasset nel 2007 ha rifiutato di patteggiare, pretendendo che la corte calcolasse effettivamente il danno economico subito da Sony, Capitol Records, Warner Bros e dalle altre case coinvolte. La tesi difensiva, infatti, mirava a ripagare il download selvaggio con il prezzo di mercato dei brani, ovvero circa un dollaro per mp3, per un ammontare di 24 dollari.

Però il tribunale si è dimostrato impietoso, accogliendo la tesi della RIAA per cui ogni copia non acquistata equivale ad un furto, moltiplicando il tutto per i milioni di utenti in download che potenzialmente hanno avuto accesso ai 24 brani. Il problema adesso è come una donna, madre, sola e di origine nativa, possa pagare una tale cifra. La prima impressione è che, dietro al vuoto normativo, le major vogliano semplicemente dare una punizione esemplare, in risposta all’incapacità delle istituzioni nel sanare completamente il fenomeno della pirateria. La vicenda sembra, dunque, non essere ancora del tutto conclusa.

I dati parlano chiaro: anche se la distribuzione di contenuti legali, negli ultimi tre anni, è raddoppiata, facendo lievitare ricavi e investimenti, si calcola che ancora oggi circa il 90% dei torrent sia illegale. È ovvio constatare come questa condizione penalizzi fortemente le aziende: secondo un logico ciclo di interessi, laddove l’industria non guadagna non sarà incentivata ad investire. Il fenomeno, dunque, contribuisce in certa misura alla mortificazione dello sviluppo artistico nel mercato, dove la logica economica impone il continuo affermarsi di beni profittevoli.

Al di là dell’equo compenso che l’artista deve ricevere, è pur giusto permettere a chiunque di godere della musica o del cinema in misura delle proprie capacità economiche. Stiamo parlando sempre di una forma d’arte e, in quanto tale, essa contribuisce a far dell’uomo un essere migliore. D’altronde, se fosse del tutto gratuita la pirateria non esisterebbe. Allora, è giusto permettere la diffusione di questi contenuti tra gli individui. Ma fino a che punto?

(foto: heavytrader.it/)