Dal Marocco in Italia. Jaouad: “Ho deciso di partire e da qui è iniziato il bello”

di Gianfranco Mingione

Sono molti i giovani italiani che ogni anno lasciano il nostro paese alla ricerca di una giusta e legittima considerazione sociale e professionale. Così come sono molti anche i giovani stranieri che ogni anno entrano nel nostro paese. Giovani come Jaouad, marocchino, da diversi anni in Italia, con il quale ripercorriamo la sua partenza, il suo arrivo, cosa significhi lasciare la propria terra con la forza e l’emozione di un adolescente. Molte incognite, tanta fortuna e la speranza in due tasche. (Gianfranco Mingione)

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Partenze dolorose, partenze sapute, partenze improvvise. Le partenze, per l’appunto, possono essere dettate da molteplici motivi, non sempre piacevoli, come nel caso di quei tanti giovani e giovanissimi che lasciano la nostra terra in cerca di fortuna altrove perché qui, da noi, anche la fortuna sembra esser diventata un bene irraggiungibile, un sogno da tenere nel cassetto chiuso a chiave.

Eppure, se dovessimo osservare l’Italia con gli occhi di chi italiano non è, ci accorgeremmo che non sono neanche pochi quelli che, malgrado gli endemici, apparentemente insopportabili problemi del nostro sistema paese, raggiungono i nostri lidi senza un motivo specifico ma con la sola voglia di partire e lasciarsi tutto alla spalle.

Lasciare la propria terra per una nuova terra, nuovi orizzonti, nuove case, nuove prospettive, nuove persone, perché no amici, un partner: partire con quella incoscienza tipica dei giovani e che tanto li caratterizza e diversifica dagli adulti: “Già prima di partire ero molto incuriosito della vita in Italia, di come vivono gli stranieri e, sinceramente, me la immaginavo diversamente. Ho deciso di partire alla volta dell’Italia non per mancanza di lavoro nel mio paese ma per vivere un’esperienza diversa, da solo e imparando dalle altre persone. Ho deciso di partire soprattutto per conoscere altre culture anche se penso di non conoscere bene neanche la mia cultura.

Per Jaouad, oggi ventunenne, marocchino, partire nel 2002 all'età di 13 anni, non è stato poi così difficile, proprio per i motivi di cui si accennava pocanzi. Proprio perché il partire senza sapere, verso il nuovo, non è qualcosa di saputo o di pianificato, la parte piu’ ardua da superare, si potrebbe dire, è proprio l’arrivo, il primo piede in terra straniera: “Trovare ogni volta una sistemazione - ricorda Jaouad – non era per niente facile sia per la vita con comune con altre persone, sia per i cambiamenti continui (…) ma il cambiare ha i suoi aspetti positivi che mi hanno portato a conoscere, nelle varie sistemazioni trovate, persone con le quali confrontarmi, che mi trattavano come un fratello, e ciò mi ha permesso di iniziare a conoscere meglio la lingua italiana”.

No, non facile vestire ogni volta panni nuovi e doversi confrontare con altre persone anche se il bello, e il brutto della vita, sta proprio qua, nel dover scendere spesso a patti e cercare un compromesso per cercare di vivere assieme. E’ con gli incontri che poi tutto può cambiare da un momento all’altro, incontri che se positivi rendono meno nuovo e piu’ familiare il luogo nel quale si è arrivati: “grazie a dei mediatori culturali ed educatori di strada ho conosciuto il progetto “Una finestra sulla piazza”, mi hanno accompagnato in momenti importanti, ho stretto un legame con loro, mi hanno iscritto ad una scuola d’italiano e da qui è iniziato il bello…”.

A volte non c’è bisogno di tante parole, la teoria si costruisce per strada, tra la gente, che ogni giorno scrive la sua storia e la storia delle nostre culture. Jaouad oggi è un provetto cuoco di un locale torinese. Quando è partito sapeva solo che voleva venire in Italia, lasciare la sua terra per vivere un’esperienza nuova, in un paese sconosciuto. Chissà se avrebbe mai immaginato che sarebbe andata così e che il viaggio per l’Italia gli avrebbe regalato molte sorprese e insegnato piu’ di mille teorie di sorta.{jcomments on}