Scozia. Il nuovo volto della precarietà giovanile

di Anna Laudati

"Will translate German for food" si legge oggi nei sobborghi di Edimburgo. Solo un cartello, un ragazzo con un cappuccio in testa e gli occhi di un’espressività agghiacciante che invocano aiuto. (Alessandra Campanari)

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No, non è l’Italia dei “bamboccioni”, non è il paese che attende l’avvento di una sempre più palpabile crisi governativa, ma una nazione, la Scozia, che vanta una vigorosa identità nazionale, la storia di un popolo che non si è mai arreso e continua a non arrendersi e la sua capitale, l’Atene del Nord, come è oggi definita per la sua bellezza, che si presenta alla vista ancora immatura di noi italiani, come una città sempre più multietnica e multiculturale, ricca di proposte artistiche ed educative.

Edimburgo è, dopo Londra, la città più ricca della Gran Bretagna e con il suo hinterland rappresenta una delle regioni d'Europa con il più alto tasso di crescita economica. L'economia della città poggia sul settore dei servizi come il turismo, il settore bancario ma anche, e soprattutto, sull’educazione e la ricerca. La sua università è oggi una delle più prestigiose università della Gran Bretagna e del mondo, con una diversificata e ben progettata offerta formativa e colorita da una variopinta presenza etnica. Questo piccolo pezzo di paradiso sembra quindi, all’apparenza, non essere stato sfiorato dall’emergenza economica più drammatica di questi ultimi tempi ma dati e statistiche dichiarano il contrario e anche per la Scozia la disoccupazione giovanile sta diventando un problema sempre più tangibile e diffuso.

La disoccupazione di giovanissimi e giovani laureati ha subito una netta crescita rispetto agli ultimi anni. I dati raccolti dall’HECSU (The Higher Education Careers Service Unit) indicano un aumento dell’1% di disoccupazione rispetto allo scorso 2009 e ancora una volta ad essere maggiormente colpite sono le lauree umanistiche ma anche, paradossalmente, studi in tecnologie informatiche e in legge. Secondo le stime nazionali, le lauree in IT (Information Technology) hanno subito un aumento della disoccupazione pari al 16% di laureati senza lavoro.

L’inoccupazione dei giovani e la sua mera alternativa, la precarietà sempre più diffusa, sono quindi un dato reale, un problema non solo italiano ma Eurocentrico, mondiale e che lede la stessa struttura sociale, economica e culturale di una nazione. Secondo i dati dell’Istat, mentre nell’ultimo anno la disoccupazione complessiva in Europa è passata dall’8% al 10%, quella giovanile è balzata dal 16,6% al 21,4%.

L’urgenza di rivedere le politiche economiche e di rilanciare una nuova proposta lavorativa è all’ordine del giorno in Scozia come nel resto dell’Europa, Italia compresa. La nostra nazione vanta tristemente uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d’Europa e i nostri “bamboccioni” non sono bambinoni non ancora adulti ma giovani in cerca di un futuro che non riescono a creare.

Scrive Josè Ortega y Gasset "L'esistenza di un disoccupato è una negazione al diritto di vivere peggiore della morte stessa", e se è vero che i giovani sono il futuro di una nazione, iniziamo a riflettere seriamente su come poter fornire alle nuove generazioni, in quanto diritto e dovere, la possibilità di un lavoro direttamente proporzionale alla loro formazione professionale e personale, la libertà di dire no a un lavoro precario e spesso non appagante, di poter formare il loro futuro, lontani dalla paura costante di non poterselo permettere.

"Arbeit Macht Frei", il lavoro rende liberi, è forse l’unica frase da non condannare di quel pezzo di storia della follia umana legata alla seconda guerra mondiale, chiaramente riappropriandoci del senso reale della parola e abbandonando quello simbolico legato ai campi di concentramento nazista. Il lavoro rende liberi, lo sanno bene tutti i giovani e non giovani disoccupati del mondo. Ma il lavoro rende liberi solo quando contrattualizzato, contestualizzato e rispettato ed è allora che diventa un prerequisito fondamentale della dignità individuale e collettiva cui tutti dobbiamo e vogliamo aspirare.

(foto: tatic.guim.co.uk)