Come raggiungere la felicità? Ce lo dicono i ricercatori di Harvard

di Francesco Fulcoli

Ad Harvard hanno scoperto come essere felici e a Londra controllano lo stato di benessere e la serenità dei cittadini. A noi però non ci resta che vivere il presente nel migliore dei modi, perché quando meno te lo aspetti ecco bussare delicatamente alla porta la felicità, inaspettatamente, intrisa di gioia. (Francesco Fulcoli)

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Vivere il presente è quasi impossibile: divagare con la mente è infatti una delle cose che agli uomini riesce meglio. Gli studiosi di Harvard, Daniel Gilbert e Matthew Killingsworth, hanno scoperto che la ricetta della serenità sta invece nel bloccare quel flusso d’incoscienza e concentrarsi su ciò che stiamo facendo. Lo Studio è stato portato avanti grazie da un’applicazione per iPhone scaricata da 2.250 adulti; gli psicologi dell’ateneo sono riusciti a scoprire che viviamo con la testa da un’altra parte circa il 47% del nostro tempo.

Sono proprio quei momenti passati ad immaginare cose piacevoli che c’intristiscono, sostengono gli autori, che hanno raggiunto questa conclusione con dei sondaggi in presa diretta: ogni volta che lo smartphone vibrava, i partecipanti dovevano scegliere una delle 22 attività previste nella griglia e specificare il loro grado di felicità. Quasi una volta su due il trillo dei ricercatori di Harvard li ha sorpresi nel mezzo di un excursus della mente, come per esempio ritoccare quella decisione fondamentale presa dopo la laurea, cantargliele al capo, pianificare nei minimi dettagli l’evoluzione della carriera, decidere come spendere i soldi del Superenalotto. «La mente umana - dice lo studio - è una mente che divaga; e una mente che divaga è una mente infelice». 

C’è da dire anche che un 'certo' Orazio era arrivato a una conclusione simile già nel I secolo avanti Cristo, con il suo «Carpe diem/Quam minimum credula postero» - letteralmente «cogli il giorno», ovvero «vivi il presente», «confidando il meno possibile nel domani». Ma Gilbert e Killingsworth, con la precisione propria dello scienziato, forniscono anche una lista delle attività che più ci rendono felici. Al primo posto c’è il sesso. Stessa cosa quando facciamo esercizi in palestra o siamo impegnati in conversazione con gli amici. Anche giocare, ascoltare la musica o fare una passeggiata aiutano la mente a distrarsi senza per questo lasciarla libera di spaziare tra passato, futuro e realtà parallele. Cosa che puntualmente capita quando si riposa, si sta al computer, si lavora, si viaggia sui mezzi.

Spiega Killingsworth che «Solo gli esseri umani sono capaci di astrarsi dal presente, imparando così dal passato, anticipare ciò che accadrà in futuro e immaginare cose che possono anche non succedere, e purtroppo quando le nostre menti fantasticano non portano alla serenità, ma anzi l’intralciano». E in questo paradosso sta in fondo la tragedia dell’uomo che pensa e dunque è. Infelice.

A questo punto nel Regno Unito non potevano proprio farsi mancare la felicità di stato. Dopo aver chiesto ai sudditi di Sua Maestà di sopportare i drastici tagli alla spesa pubblica, il governo britannico si accinge a misurare lo stato di benessere e la serenità dei cittadini. Oltre il Pil e oltre l’indice Dow Jones, come aveva suggerito già nel 1968 Bobby Kennedy, il progresso di un paese non si misura soltanto in termini di prodotto interno lordo ma anche su quanto i cittadini sono in grado di godersi la vita; infatti, preso da ciò, il primo ministro David Cameron ha dato istruzioni all’Ufficio Nazionale di Statistica di creare un indice che identifichi il livello di soddisfazione e di benessere della popolazione. 

Cameron era convinto di questa teoria già qualche anno fa quando affermava che «La felicità non si scambia in Borsa. Nasce dalla bellezza che ci circonda, dalla qualità; della nostra cultura e soprattutto dalla forza dei nostri rapporti umani». Il rapporto sulla "felicità di stato" potrebbe essere pubblicato trimestralmente sul modello di altri dossier governativi come quello sulla criminalità. L’obiettivo è di produrre un nuovo pacchetto di dati, alcuni nuovi e altri già esistenti, per valutare lo stato psicologico e fisico della nazione. In tre parole: l’indice di felicità della nazione.

Ma cosa risponderebbero gli italiani se oggi qualcuno li chiamasse e chiedesse loro se sono felici?