Università e crisi sociale. La voce di Francesca si leva dal coro della protesta: ascoltiamola!

di Katia Tulipano

"Quando si avviano delle nuove imprese è importante avere dalla propria parte l’opinione pubblica" (Tacito). Tacito aveva ragione ma sembra che la sua ragione sia solo scritta e attualmente non rispettata. Francesca non ci sta a essere considerata una nullafacente perchè è scesa in piazza a difendere i diritti degli universitari e grida ad alta voce ciò che pensa. (Katia Tulipano)

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E' stato approvato alla Camera il testo di riforma dell’università che ora andrà in terza lettura al Senato dopo il voto di fiducia del 14 dicembre e a nulla sono serviti gli scontri, in particolare a Roma, e le iniziative di occupazioni di tetti, stazioni, strade, autostrade e monumenti che sono arrivate fino a Parigi, dove studenti italiani hanno esposto uno striscione anti Gelmini sull'Arco di Trionfo. Gesti eclatanti di dissenso alla politica del Governo di una parte della società, fatta non solo di studenti, che dicono “no” a questa riforma. 

Ma non si tratta solo della riforma dell’Università. E’ in atto una profonda crisi sociale e culturale. Lo dimostrano gli eventi degli ultimi giorni. Il 27 novembre, infatti, in occasione della manifestazione organizzata a Roma dalla Cgil, erano migliaia gli studenti scesi in piazza al fianco dei lavoratori. "La partecipazione degli studenti - affermano in una nota congiunta Rete degli studenti e Unione degli universitari - è altissima, per testimoniare l'unità che lega la lotta dei lavoratori a quelle degli studenti medi e universitari. Questo governo ormai precario ha deciso di far pagare la crisi soltanto ai più deboli".

E, allo stupore del ministro dell'Istruzione Matriastella Gelmini nel vedere giovani manifestare accanto a pensionati e lavoratori, ha lapidariamente risposto il leader della Cgil Susanna Camusso, fotografando il sentimento di protesta che oggi pervade la società tutta: "Il ministro forse non sa come è fatto questo Paese, non sa che dietro gli studenti ci sono famiglie e un paese che li difende". 

Anche le diverse voci che si levano dal coro della protesta parlano di profonda crisi culturale e sociale, alla quale oggi si vuole dire “basta!”. Come quella di Francesca, 21 anni, studentessa iscritta al terzo anno di giurisprudenza che riesce a garantirsi gli studi grazie alla borsa di studio ed al lavoro di cameriera, orgoglio del papà autista e della mamma operatrice ecologica che, come confessa lei stessa, “ancora sperano di potermi dare una vita migliore di quella che hanno avuto loro”.

Rimasta impietrita per le parole di critica del nostro Presidente del Consiglio, che degli studenti scesi in piazza a manifestare ha detto: “quelli veri sono a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e fuori corso”, Francesca ieri ha scritto una lettera al Direttore de “ il Fatto Quotidiano” chiedendo che venga data voce ad una generazione troppo spesso ignorata.

ServizioCivileMagazine “una voce giovane, che parla di giovani, curata dai giovani ” non poteva non accogliere questa richiesta e fare da cassa di risonanza alle sue parole. “Ascoltiamola”, leggendo la sua lettera!

“Caro direttore,

sono una studentessa romana di 21 anni, iscritta al terzo anno di giurisprudenza. Scrivo perché spero che possa dar voce a una generazione ormai troppo spesso ignorata. Per farci ascoltare siamo dovuti scendere in piazza e bloccare le città. E nonostante questo ci hanno dato dei falliti e dei fannulloni.

Io non sono una bambocciona, né sono fuori corso come dice il presidente del Consiglio. Io sono l’orgoglio di una famiglia che spera ancora di potermi dare una vita migliore di quella che hanno avuto loro. Noi studenti non siamo scesi in piazza solo per la riforma. Certo, quella è la punta dell’iceberg di una cultura che questo governo ha voluto imporre: sei ricco? Potrai ancora studiare. Sei povero? Meglio se fai un istituto professionale e ti cerchi un lavoro, perché l’Università non te la potrai permettere. Io fino ad oggi posso garantirmi gli studi grazie alla borsa di studio e al lavoro di cameriera. Se dall’anno prossimo verrà a mancarmi la prima, il secondo non mi basterà più.

Sono stata e tornerò in piazza per far sentire la mia voce insieme a quella degli altri ragazzi che non solo hanno paura di non potersi laureare, ma soprattutto temono che quel foglio di carta guadagnato con immensi sacrifici non valga poi nulla nel nostro paese. Sono pronta ad andare all’estero se necessario, ma perché non possiamo sognare di restare in Italia per valorizzarla con la nostra cultura? Il rischio, restando, è una vita di sacrifici che non porti nemmeno a una pensione decorosa. Anzi, che non porti proprio alla pensione, che forse non riceveremo mai. L’applauso degli automobilisti romani bloccati nel traffico di Roma, martedì, ci ha detto che non siamo soli. Anche loro sperano che i figli possano avere un futuro migliore di quello che questo governo ci sta disegnando. Ai politici la nostra cultura fa paura, preferiscono un popolo ignorante. Ma noi, questa volta, non ci fermeremo. Speriamo neanche voi nel darci voce.” (da “il FattoQuotidiano” del 2 dicembre 2010).