Sono gli immigrati i nuovi imprenditori

di Ornella Esposito

Immigrati delinquenti? No, piuttosto, immigrati imprenditori. E’ quanto emerge da un recente studio della Camera di Commercio di Milano. Le imprese controllate dagli stranieri sono aumentate, nell’ultimo decennio, del 200,7%. (Ornella Esposito

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L’Italia sta cambiando ed è sempre più multietnica. Un chiaro segnale viene dalla stima effettuata dalla Camera di Commercio di Milano secondo la quale le imprese controllate dagli stranieri sono aumentate, nell’ultimo decennio, del 200,7% rispetto a una crescita media del 9,4%. Un vero e proprio esercito di imprenditori immigrati che, nonostante la crisi, continua a dar vita a piccole e medie imprese. Le Regioni maggiormente interessate dalla presenza di imprese “straniere” sono la Lombardia ( a Milano i pizzaioli egiziani sono più di quelli napoletani), l’ Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte e Toscana mentre per quanto riguarda le città, Prato si classifica al primo posto.

I settori di impiego più diffusi, sempre secondo lo studio della Camera di Commercio di Milano (in buona sostanza confermato anche dalla Fondazione Ethnoland e dal Dossier Statistico 2010 della Caritas Italiana) sono il commercio e l’edilizia, seguiti dal comparto tessile, abbigliamento e calzature. In poche parole gli immigrati rappresentano oggi uno dei volani dell’economia italiana, contribuiscono a sollevare le regioni che, nel lungo periodo di crisi, hanno visto chiudere molte imprese “made in Italy”. Se si considerano anche i migranti che svolgono lavoro dipendente (colf, badanti, operai nelle fabbriche, etc), balza subito all’occhio che essi partecipano cospicuamente alla determinazione del prodotto interno lordo e sostengono il nostro sistema di Welfare oltre a fortificare le economie dei loro paesi di origine.

Tutt’altro che delinquenti (in questi giorni si celebra l’anniversario dei fatti di Rosarno) gli immigrati che, nella maggior parte dei casi, sono comunità entrate in Italia per lavorare e con l’intenzione di rimanervi. Un altro dato che sembrerebbe confermare tale intenzione, secondo il dossier statistico 2010 della Caritas italiana, è l’aumento dei matrimoni misti e la massiccia presenza di immigrati di seconda generazione, per intenderci, i figli nati in Italia da genitori extracomunitari. Lo Stivale, dunque, non può fare a meno degli stranieri ed è giunto il momento che riconosca loro maggior diritti e tutele, così come è stato chiesto dalle stesse comunità migranti nello sciopero indetto nel marzo 2010 “ 24 ore senza di noi”, in cui i lavoratori extracomunitari hanno incrociato le braccia perché stanchi di essere considerati un problema da gestire e non una risorsa per il paese in cui vivono.

Nel nostro paese la questione immigrazione è stata affrontata con ritardo e in maniera disorganica lasciando per molto tempo (e ancora oggi) la titolarità degli interventi al volontariato, quasi come se lo Stato non riconoscesse la presenza degli stranieri o il loro diritto ad esistere. Ciò ha portato a trascurare, in linea generale, l’importante questione dell’integrazione dei migranti, dell’incontro tra culture diverse, con atteggiamenti che vanno dalla tolleranza (atteggiamento estremamente negativo) al multiculturalismo, approccio entrato in crisi in tutti i paesi europei ad alta immigrazione perché tendente a dividere la società in compartimenti stagno. Che piaccia o meno (ad alcuni partiti politici e ad una parte dei mass media), l’Italia è un paese misto e l’unica via praticabile per evitare gravi tensioni sociali (come le banlieus a Parigi), secondo molti studiosi, è quella del pluralismo ossia l’assumere la diversità, la differenza, l’alterità stessa come valore in sé cercando un terreno comune di convivenza e dialogo.

Questo sarebbe un buon punto di partenza per la costruzione della “nuova” Italia.

(foto: guidasicilia.it)