"Free Tunisie, Libre Tunisie". In Tunisia i giovani gridano, combattono e muoiono per la loro libertà

di Anna Laudati

In Tunisia scoppia la rivolta Suicida. Si grida libertà per le strade, in rete, utilizzando tutti i mezzi a disposizione e ci sono alcuni giovani che per portestare e far salire la propria voce più in alto possibile si sono tolti la vita. Ma serve davvero la morte di questi giovani a far capire allo stato e al sistema che forse è arrivato il momento di cambiare? Sicuramente no, ma intanto loro l'hanno fatto e non ci sono più. (Francesco Fulcoli e Anna Laudati)

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Il conflitto che si protrae da giorni è l’esito di una combinazione di tre elementi malati: regimi politici incapaci di fornire risposte adeguate al sentimento di totale abbandono della società, un tasso di disoccupazione stabilmente intorno al 25% accompagnato dall'assenza di meccanismi di Welfare e, soprattutto, una popolazione composta per il 75% da under 30 che non hanno nulla da perdere a ‘spaccare tutto’ contro un governo che ristagna da anni.

Essere giovani, con un futuro da costruire, con un percorso di studi finito, essere in tanti e senza prospettive future, può dare alle testa fino al punto di togliersi la vita? In Tunisia è successo. Tutti almeno una volta nella vita, anche se non pensato, lo hanno detto presi da quello scatto d’ira che ti prende quando davvero sei esasperato: Voglio farla finita! Questo deve aver pensato Mohamed Mouaziz quando si è dato alle fiamme per protestare contro uno stato, un sistema, contro la sua povertà.

Questo è quello che succede oggi, nel 2011, in Tunisia, ed è quello che ha fatto anche Allaa Hidouri, 23 anni, laureato e disoccupato che si è ucciso salendo su un palo dell'elettricità per poi gettarsi sui cavi dell'alta tensione. La lista di giovani che hanno seguito e ripetuto il folle gesto è lunga ma quello che più fa riflettere è che questi giovani si sacrificano per la loro nazione e non il contrario. Morte come esempio! Come segno di un esasperazione che porta tanta gente a morire di fame e di stenti. L’hanno chiamata l’intifada del pane.

Questa volta però il silenzio non ha avvolto questi episodi, anche se, come raccontano le cronache, la polizia ha fatto di tutto per chiudere i canali di comunicazione e non far sapere al mondo che lì, proprio dove tanta gente va a passare le vacanze oggi si muore di fame. E allora ti viene da pensare che forse più che andare in vacanza bisogna aiutare questa gente.

Non si può morire suicida a 23 anni perché disoccupato, povero ma laureato! Il cuore di quelle madri che fra lacrime e dolore urlano contro uno Stato che invece di difenderli li attacca, urlano la loro rabbia contro un sistema che li ha portati alla fame e gli ha sottratto un figlio per cui speravano altro destino. Felice, con famiglia, un buon lavoro, la ricompensa a tanti sacrifici. Ma invece no! La nuova povertà uccide prima! Ti mangia dentro e poi ti porta a cadere nel più profondo buio. E’ la madre di tutti i delitti! Carl William Brown scriveva: Il male più grande dell'umanità è la povertà, che deriva dall'egoismo, che deriva dalla malvagità, che deriva dalla paura, che deriva dall'ignoranza, che deriva dalla stupidità, che deriva dal caos, che deriva dalla vita. Ribelliamoci! Dovremmo tutti noi imparare a dare un senso alla morte di quei poveri ragazzi, la povertà è davanti ai nostri occhi, cerchiamo almeno che non oscuri anche la nostra esistenza.

La povertà è presente, è nei cuori della gente, è nello sguardo indifferente, di chi assiste, e non fa niente. La povertà è silenziosa! La povertà riduce alla fame, e rende importante anche un pezzo di pane come quello per cui stanno combattendo in Tunisia, non risparmia nessuno! Che le lacrime di chi ha perso tutto, anche il sorriso, ed assiste inerte, a volte deriso, da chi si arricchisce, mentre il mondo è diviso, siano di esempio a tutti noi. Oggi Susanna Tamaro avrebbe detto che “c'è una povertà in questo tipo di vita, una povertà diversa da quella materiale di una volta. Una povertà interiore che, più che far paura, umilia. Umilia la grande ricchezza, la grande potenzialità che c'è in ognuno di noi.” E allora invece di comunicati ufficiali fatti qua e la da qualche capo di stato per dissentire da una povertà che in realtà non conosco imponiamo al nostro cuore un aiuto concreto che possa finalmente dare dignità a queste morti bianche.

Quaggiù la povertà è vergogna che nessun merito lava, diceva Foscolo, e forse è proprio per questo che non si vive con pienezza e si è pronti poi al delitto e al suicidio, una legge non scritta in base alla quale alcuni sono destinati a vivere e altri a morire per il bene di tutti. Una legge che deve essere cambiata con una che dia vita e speranza a quelli come Mohamed Mouaziz e Allaa Hidouri.

tumblr_legymaa81o1qdxkloo1_500Ma ecco che altri giovani tunisini, tantissimi si sono riuniti e al grido "Free Tunisie, Libre Tunisie", hanno fondato con più di 10mila iscritti, questo gruppo creato su Facebook che è diventato uno dei simboli della rivolta delle giovani generazioni tunisine contro il malessere, la disperazione e contro la rassegnazione. Nel ventunesimo secolo a organizzare la rivolta sono i social network e il luogo da dominare con slogan e manifesti è il cyberspazio. Così, alla più antica delle battaglie, quella della rivolta per il pane e della protesta dei disoccupati, consumata per le strade, si è affiancata anche in Tunisia una rivolta più moderna, quella in Rete, che da risonanza e speranza anche se non ha evitato la morte di quei ragazzi che si sono tolti la vita per lasciare un segno indelebile e per magari smuovere le coscienze e cambiare il futuro, purtroppo non più quello loro ma quello di altri giovani.