Egitto. La vittoria di un popolo e dei suoi giovani

di Gianfranco Mingione

Mubarak si è dimesso ieri pomeriggio. La piazza Tahrir ha esultato, cantato e danzato una delle vittorie storiche della terra e dell’Egitto. Una rivoluzione rapida, sentita e attesa che ha visto cadere molti dei suoi figli più giovani per la libertà, elezioni pluralistiche e riforme economiche contro la povertà. Dopo l’entusiasmo, si delineano i primi scenari. (Gianfranco Mingione)

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Le dimissioni. E’ pomeriggio inoltrato quando, tra le attese di una sterminata folla, arrivano le dimissioni del dittatore Mubarak, il vecchio e malato rais, lette in un'intervento alla televisione dal vicepresidente Omar Suleiman: “Cittadini, in nome di Dio misericordioso, nella difficile situazione che l'Egitto sta attraversando, il presidente Hosni Mubarak ha deciso di dimettersi dal suo mandato e ha incaricato le forze armate di gestire la situazione nel Paese. Che Dio ci aiuti”.

Le reazioni della piazza. Le urla, i canti, i suoni della folla oceanica di piazza Tharir fanno il giro del mondo. Le dirette dei principali network televisivi trasmettono ovunque uno dei passaggi storici egiziani più importanti e delicati. La folla urla “Abbiamo abbattutto il regime”, “dio è grande”, mentre si ripete quel connubio, quel sostegno sentito tra l’esercito e la popolazione, tra i militari e le persone che si abbracciano, sorridono e si lasciano andare alle emozioni della piazza. E’ una reazione collettiva, di chi ha vissuto per decenni in uno stato non democratico, dove la parola libertà aveva altro significato, ed il potere apparteneva ad una casta al cui capo vi era di fatto un monarca pronto a lasciare il potere nelle mani del figlio.

piazzatahritLa vittoria delle giovani generazioni. Sorprendente la reazione dei più giovani che anche in questa rivoluzione non hanno esitato a far sentire la loro voce e a fare la differenza. Come in Tunisia, Algeria e altri paesi “bollenti” del Nord Africa e Medio oriente, hanno lasciato il segno, impresso i loro volti, le loro proteste e i loro nomi nel vento supremo del cambiamento. I più giovani hanno detto basta, alzato la testa e dichiarato da che parte stare, presentando il conto a chi non ha compreso che i tempi erano maturi per un mutamento della coscienza collettiva che nel corso degli anni è cresciuta fino ad esplodere in questi ultimi 18 giorni.

Il ruolo delle donne. Le donne egiziane sanno cosa significhi manifestare, lottare contro le discriminazioni, sono all’avanguardia nella lotta contro le mutilazioni genitali delle bambine, sono scese anche stavolta per le strade, passate le violenze, per la democrazia. Molte hanno perso i loro figli e parenti negli scontri tenutisi soprattutto all’inizio della rivolta. E’ proprio in Egitto che all’inizio del XX secolo è nato il movimento femminista arabo anche se le donne restano ancora vittime di discriminazioni in molteplici campi della vita sociale.

E ora cosa accadrà? È molto difficile scrivere e descrivere un fenomeno in evoluzione come quello in atto nel Nord Africa perché gli eventi si succedono ad una velocità impressionante. Solo fra diversi mesi si potrà capire il reale impatto di quanto è accaduto in Egitto e in Tunisia, chi e come guiderà la sperata transizione verso elezioni pluralistiche. Bassam, giovane italo-egiziano, prezioso contatto del nostro giornale dall’Italia verso il suo paese d’origine, commenta così, a caldo, quanto accaduto e quanto spera possa accadere: “Ieri ho chiamato la mia famiglia, erano tutti per strada a festeggiare come se avessimo vinto un mondiale e invece, si festeggiava la libertà conquistata dopo giorni di assedi e sangue versato. La comunità egiziana in Italia non è soltanto felice, ma anche fiduciosa, confida che le cose si sistemino, che si possa tornare, ogni egiziano in Italia sogna di poter guardare l'Italia alle spalle e dirle "mi hai dato tanto, te ne sarò sempre grato...Grazie Italia, Addio". Questo è il sogno reale, poter tornare in una terra giusta, che ci permetta di vivere onestamente e in un benessere che non per forza deve essere come quello occidentale, ma comunque sostenibile e all'avanguardia”.

Spingendosi più in là, Bassam non nasconde le sue paure: “Le preoccupazioni? Tante. Ad esempio per gli aerei F16 israeliani che volano per 3 volte al giorno sul cielo egiziano per controllare, cosa che posso confermare da fonti militare egiziane e che sta destando ira e rabbia tra i soldati, così come le due 2 navi da guerra americane a "tutela" dell'ormai noto canale di Suez. Insomma, la strada è lunga. Ecco per me cosa bisogna fare ora che la situazione è in mano all'esercito, parlando in termini giuridici: "ora l'esercito applicherà il regime militare per un pò...ha dai 6 ai 10 mesi per sciogliere le camere, costituire una costituente che possa fare le modifiche alla costituzione e porti il paese ad elezioni democratiche".

La prossima settimana proseguiremo l’approfondimento sull’Egitto e le rivolte in Nord Africa, facendo parlare i giovani uomini e le giovani donne, dando loro la possibilità di proporre la loro idea di cambiamento, fare un quadro generale della situazione e delinearne i possibili scenari futuri.