Passa al senato il ddl sulle detenute madri. Bambini fuori dalle carceri. Un piccolo passo in avanti, in vigore dal 2014

di Anna Laudati

Licenziato in via definitiva, con 178 voti a favore e 93 astenuti, il ddl che modifica il regime carcerario per le detenute madri. Studiamolo insieme parlandone con Federica Giannotta responsabile della ONG “Terre Des Hommes”. (Ornella Esposito)

bimbo-in-carcere1 Ha esultato il ministro Mara Carfagna per l’approvazione al senato, nella seduta del 30 Marzo, del disegno di legge n. 2568 “Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori” che dovrebbe rappresentare un importante passo in avanti verso il rispetto dei diritti del fanciullo, così come sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 e ratificata tardivamente dall’Italia. 

Niente più sbarre, dunque, per i figli delle donne sottoposte a pene detentive, almeno secondo gli esponenti della maggioranza che definiscono l’approvazione del decreto “un atto di civiltà”. Secondo le fonti del DAP (dipartimento amministrazione giustizia) al 31 Dicembre 2010, le madri detenute con minori fino a 3 anni erano 42, i bambini fino ad anni 3 erano 43, mentre le donne incinte 4.

Queste le novità introdotte dal testo di legge:

- le detenute, madri di minori fino a sei anni (nella precedente legge fino a tre), sono sottoposte a misure cautelari in case-famiglia protette o in istituti di pena attenuata (ICAM), salvo esigenze cautelati di eccezionale rilevanza e su espressa disposizione del magistrato;

- viene rafforzato il regime di detenzione domiciliare, anche presso le case-famiglie protette in assenza di un proprio domicilio;

- le detenute possano assistere i propri figli qualora subiscano ricoveri ospedalieri;

- la possibilità, per le detenute madri immigrate, di richiedere la revoca del decreto di espulsione, fuori dai termini previsti per l’impugnazione, nel caso in cui l’espulsione pregiudichi lo sviluppo psico-fisico del minore. 

Mentre la maggioranza si dichiara soddisfatta per aver trovato un giusto equilibro tra il riconoscimento dei diritti umani e l’esigenza di sicurezza, tiepide sono state le dichiarazioni degli esponesti dell’opposizione, come Anna Maria Carloni del PD, che considera il ddl “una legge a metà”. Nettamente sfavorevoli, invece, i radicali e molte associazioni esperte che hanno protestato con un sit-in dinanzi al senato bollando come inutile il testo di legge di cui hanno proposto modifiche in entrambi i rami del parlamento, ma senza alcun esito positivo. 

Abbiamo intervistato la dott.ssa Federica Giannotta, responsabile dei diritti dei bambini della ONG Terre des Hommes, nota per il suo costante e lungo impegno su questi temi.

Quali sono i nodi critici che individuate nel ddl sulle detenute madri di cui, invece, il ministro Carfagna si dichiara soddisfatta? In primis, l’attuale formulazione del testo non evita il carcere quale misura cautelare. Sebbene l’art. 1 dice che per le madri con bambini di età inferiore ai 6 non è possibile disporre le misure cautelari in carcere, ciò è subito smentito laddove si aggiunge ‘salvo’ casi in cui sussistano esigenze cautelari di particolari rilevanza. In questo caso la misura cautelare presso un ICAM può essere disposta (e non deve essere disposta!). 

Secondo lei, quali sarebbero le modifiche da apportare alla legge affinché la tutela del minore sia effettivamente realizzata? In estrema sintesi diciamo che:

- Occorre modificare l’art. 1 evitando in modo certo la detenzione in carcere quale misura cautelare. Noi avevamo proposto che tutte le donne restassero fuori dal carcere e venisse applicata la detenzione presso un ICAM solo nei casi di gravi esigenze cautelari.

- Va modificato art. 2 per consentire realmente alla madre detenuta di far visita al figlio (anche residente fuori dal carcere) che si trovi in gravi condizioni di salute e poterlo assistere per la durata dell’ospedalizzazione. L’attuale norma purtroppo prevede un meccanismo burocratico per l’ottenimento del permesso di uscita che non garantisce alla madre l’effettiva possibilità di assistenza il figlio, piuttosto le consente la possibilità di fargli ‘visita’. Andrebbe inoltre aggiunto, come noi avevamo proposto, anche il caso in cui a stare male sia il figlioletto piccolo che è detenuto con la mamma. In quel caso infatti, è necessario prevedere che la madre per certo possa uscire dal carcere ed accompagnare il proprio piccolo anche se non si tratta di una emergenza di vita o morte. 

- Occorre anticipare entrata in vigore della legge che resta al 2014, quando noi avevamo proposto almeno 2012.

- Occorre incidere sull’art.3 affinchè vengano modificati i criteri per l’accesso alle misure alternative alla detenzione.

Restano i vincoli dell’aver scontato 1/3 della pena, e della non sussistenza di recidiva che limitano notevolmente la possibilità di accedere ai domiciliari per quelle donne straniere, autrici di reati di  bassa pericolosità sociale ma comunque ad alta recidiva. Inoltre il testo, così com’è, non garantisce che, pur sussistendo i requisiti, una madre possa uscire dal carcere e scontare la pena in un ICAM. Vi è solo la possibilità. Noi avevamo proposto che tutte le madri con figli sotto i 10 anni, senza differenza, potessero scontare la pena in un ICAM o in Case Famiglia Protette. 

Quali sono in rischi di una parziale o errata applicazione del testo di legge? Che di fatto non cambieranno le condizioni in cui versano decine di minori in carcere oggi. In particolare non è vero che alle madri è data una alternativa reale al carcere né quale misura cautelare né come luogo in cui scontare la pena detentiva. 

Più in generale, a che punto è, nel nostro paese, l'applicazione della Convenzioni ONU sui diritti del fanciullo? Questa domanda è troppo ampia e meriterebbe un testo dedicato. Posso dire che rispetto a questo tema specifico abbiamo senza dubbio perso un’occasione preziosa di adeguarci alle richieste del Comitato ONU per l’applicazione della CRC che più volte ha sottolineato l’esigenza di evitare la detenzione per i minori di età e di garantire quanto più possibile il legame genitoriale tra madre e figlio anche se si tratta di donne condannate a scontare una pena o anche solo imputate di un reato per il quale non è ancora stata emessa sentenza di condanna.

 Al di là delle critiche, che come tali esprimono solo una parte del pensiero sull’argomento, viene tuttavia da riflettere su un punto: che la condizione della giustizia in Italia, rimane priva di uomini e mezzi come denunciato da tempo e da più parti. C’è bisogno di costruire nuove carceri e migliorare quelle esistenti che letteralmente scoppiano di persone, e i fondi sono sempre troppo esigui. In uno scenario così difficile, è lecito domandarsi se verranno effettivamente realizzate le case-famiglia protette o gli istituti per le pene attenuate (molto pochi allo stato attuale) ed il paradossale rischio della nuova normativa, cioè che i bambini restino dietro le sbarre ancora più a lungo, potrebbe essere reale. Attenderemo i decreti attuativi e, soprattutto, l’indicazione della copertura finanziaria per capire se il futuro dei bambini potrà essere davvero con le loro madri fuori dalle sbarre.

(foto: affariitaliani.libero.it)