Un ddl per l’abolizione del divieto di riorganizzazione del partito fascista. Tra indignazione e perplessità

di Chiara Matteazzi

Dopo la proposta di legge alla Camera presentata dalla Lega Nord per l’istituzione di Eserciti regionali, è di questi giorni una nuova, sconcertante, proposta di legge. Cosa succede ai nostri politici? (Chiara Matteazzi)

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Il 29 marzo scorso i senatori del Pdl Cristiano De Eccher, Fabrizio di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e il senatore Fli Egidio Digilio (che in un secondo momento, sotto richiesta di Gianfranco Fini, ha ritirato la sua firma) hanno presentato al Senato un disegno di legge costituzionale per l’abolizione del divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista. Al di là dell’immediato sconcerto provocato da questa notizia, sono diverse le riflessioni che, lucidamente, emergono da questo episodio.

Prima di tutto, il pericolo democratico. Abolire il divieto di riorganizzazione del partito fascista significa in qualche modo non ritenerlo pericoloso, non riconoscere i danni che ha provocato e che potrebbe provocare, e soprattutto significa non riconoscerne la natura e le colpe. Significa dire sì a tutto quello che il partito fascista ha comportato: intimidazioni, violenze, arresti, sequestri, intolleranza per gli oppositori.

Storicamente, questo partito è nato sulla scia di un acceso nazionalismo e una forte avversione verso i socialisti che, facendo leva su strutture paramilitari, ha cavalcato l’onda seguita al biennio rosso. Il punto non è, in questo momento, la violenza utilizzata, il punto è che questo partito non è nato in risposta a ideali condivisi da una parte della società civile. È nato cavalcando un malcontento generale, che è diventato poi un’arma pericolosissima.

La ragione di questa riflessione non è solo morale, ma anche pragmatica. La domanda è: a cosa servirebbe oggi un partito fascista? Da quale esigenza politica, nasce il desiderio anche solo remoto di poter ricreare un partito fascista? Sarebbe davvero utile ricevere una risposta, e se qualcuno dei lettori ne ha una è caldamente invitato a esprimerla. 

Resta il fatto che proposte simili mettono veramente in discussione i fondamenti stessi del nostro Paese. Un Paese che a volte, nonostante vecchio 150 anni, sembra non conservare quella saggezza che ci piace attribuire egli anziani. 

Da dove nasce, da dove può nascere un senso di nostalgia per gli anni della dittatura fascista? E' veramente senso di nostalgia oppure dietro c'è altro? Certo queste domande ce le dobbiamo porre, perché al di là di quello che possiamo pensare e credere, la proposta di quei senatori se da un lato rispecchia in qualche modo una parte, minoritaria certo, ma pur sempre di una parte della popolazione, dall'altro non può non farci riflettere sul fatto che si possa trattare solo di un modo per distrarre l'opinione pubblica, ma ciò non sminuisce la gravità della proposta.

Resta il fatto che il ddl presentato è un’offesa a questo Paese e ci obbliga ad indignarci. A tenere alta la guardia, a non stancarsi di analizzare la realtà, a non smettere di pensarla e di desiderare di migliorarla, ma specialmente a non smettere di pensare con la propria testa, stando in allarme, e non credendo sempre e solo a tutto ciò che in apparenza, viene detto o fatto.

E concludendo, una critica di tipo pratico: ma in un momento del genere, è possibile che quello a cui pensano alcuni dei nostri rappresentanti sia come riesumare il partito fascista dai meandri della storia? Possibile che non sia venuto loro in mente nessun altro problema prima di quello?