Rifugiati o Clandestini? Comunque Uomini! Le rotte della speranza

di Anna Laudati

Ieri l’ennesima tragedia del mare che ha inghiottito centinaia di persone stipate in una barca con la speranza nel cuore di una vita migliore. Si è consumato l’ennesimo dramma di persona che niente volevano se non la libertà di vivere. Ma da dove arrivano? Forse spiegandolo si potrà meglio comprendere il dolore nei loro occhi. E magari aiutarli a sperare ancora in un mondo migliore, fatto di pace e solidarietà. (Francesco Fulcoli)

immigrati_1 La maggior parte degli irregolari entra legalmente nel territorio con visti temporanei (turismo, studio), e vi rimane, illegalmente, oltre la scadenza (overstayer). Degli oltre 450 mila immigrati irregolari che entrano in Europa, solo 120 mila arrivano via mare. Di questi, molti si imbarcano come lavoratori sui cargo, scendono a terra con una crew card e poi si dileguano. Solo una minima parte di immigrati illegali arriva sulle, ormai tragicamente famose, carrette del mare. Ed è proprio da queste ultime che inizia il nostro viaggio a ritroso.

Questi barconi partono quasi tutti da Zarzis a sud di Tunisi e ad un oretta dalla Libia. Su Questo confine si trova Ben Gardane dove si fa fronte all’esodo dei profughi provenienti dalla Libia e non solo. 150 mila in un mese e mezzo. Li accolgono, li identificano, li sistemano o li rimpatriano. Il tutto mentre nelle piazza ancora si festeggia la caduta di Ben Alì. E il tutto mentre in Italia si grida all’emergenza e non si riesce a gestire la situazione Lampedusa che ospita appena diciottomila migranti arrivati tra le altre cose a scaglioni e in due mesi.

Da Ben Gardane passiamo a Ras Ajdir, a 4 km dalla Libia; qui è stato allestito un campo di 20 ettari che ospita circa 30mila persone; Libici, Egiziani, Bengalesi, gente del Sudan, Mali, Nigeria, Somalia, Eritrea, Bangladesh, e altri. Con un flusso di circa 1000 ingressi al giorno. Qui li identificano e cercano di rimpatriali con ordine e disciplina senza far mancare loro l’apporto necessario sia a livello giuridico che umanitario.

Ma spostiamoci più all’interno,dimenticandoci per un attimo la Libia e la Tunisia, perché è proprio dal cuore del continente africano che partono i più grandi flussi migratori. La maggior parte sono i profughi della regione dei grandi laghi e del corno d'Africa. Vivono nei campi profughi in Congo, Sudan, Uganda, Somalia, Costa d’Avorio, Ciad, Kenia e Sudafrica.

Secondo statistiche accertate dall'Iom (International Organization for Migration), ogni anno la popolazione sub-sahariana immigrata in Europa aumenta di circa 100.000 unità. Mentre il numero dei cittadini dell'Africa sub-sahariana che attraversano clandestinamente il Mediterraneo può essere stimato, sempre secondo l'Iom, tra i 5.000 e i 25.000 all'anno. Lo stesso rapporto svela anche un altro dato molto interessante, ovvero come sia maggiore il numero degli immigrati nei paesi del Maghreb che non in Europa.

Infatti dei circa 120,000 emigranti sub-sahariani che entrano nei Paesi del nord Africa ogni anno, si stima che soltanto il 20% continuerà il viaggio verso l'Europa in maniera clandestina. Le rotte per attraversare il Mediterraneo sono principalmente cinque: Dalla costa atlantica africana verso l'arcipelago spagnolo delle isole Canarie; Da Marocco e Algeria verso la costa spagnola dell'Andalusia e delle isole Baleari oppure verso le due enclave spagnole di Ceuta e Melilla; Dall'Algeria alla Sardegna; Dalla Tunisia, la Libia e l’Egitto verso la Sicilia, Malta e le isole di Lampedusa e Pantelleria; E infine dalla Turchia verso la Grecia.

In alcuni rari casi poi gli emigranti africani utilizzano la rotta dell'est europeo: atterrano con un visto turistico in Ucraina e proseguono verso Slovacchia e Polonia alla volta dell'Ue.

Ma il viaggio della speranza per raggiungere il Mediterraneo inizia da molto più lontano ed è composto da diverse rotte. Nella maggior parte dei casi, viaggiando senza visto, attraversano il deserto del Sahara. Dall'Africa occidentale e centrale lo si fa attraversando il Mali verso l'Algeria, oppure il Niger verso la Libia. Dal Corno d'Africa la rotta è quella che va dal Sudan verso la Libia o l’Egitto. E dall'Egitto parte la rotta verso Israele, paese nel quale ci sono circa 10.000 richiedenti asilo all’anno, in maggioranza eritrei e sudanesi, che hanno fatto ingresso dalla frontiera egiziana del Sinai.

L’Unione Europea ha pensato bene, negli ultimi anni, di coinvolgere i Paesi del Nordafrica nelle sue politiche di contrasto all'immigrazione nel mediterraneo, inducendo i governi locali a politiche di repressione e di rimpatrio forzato dei migranti. Risultato? In assenza di accordi di riammissione, vengono perlopiù ricondotti e abbandonati nei pressi delle zone sud di confine con i paesi limitrofi.

Attraversare le diverse frontiere dell’Africa e i loro complessi apparati di sicurezza, criminalità e corruzione, è per molti di questi poveri uomini un’odissea di cui si hanno spesso poche tracce e testimonianze. Il viaggio comporta un grandissimo costo in termini economici (migliaia di euro, in aree nelle quali il reddito procapite è per gran parte della popolazione inferiore ad 1 euro al giorno) ed in termini di rischio per la vita stessa. Altissimo è infatti il numero delle vittime nelle traversate dei deserti, del mare o durante altre tappe del viaggio.

A questo punto però c’è da fare un passo in dietro e ritornare nel nostro bel paese dove si è soliti trasformare in emergenza, i problemi che potevano essere previsti o prevenuti. Mentre in Tunisia, ci si è organizzati con la rivoluzione in corso, in Italia, quando a febbraio sono arrivati i primi 4000 rifugiati a Lampedusa il centro di pronto soccorso e accoglienza era addirittura chiuso. Così ecco che come è successo a Ben Gardane, la gente del’isola si è dovuta rimboccata le maniche e ha aiutato i poveri sfiniti. A questo punto ci si aspetta una contromossa! Ed invece, come nei migliori cartoni animati, il governo si agita e urla al pericolo senza però cercare la soluzione! arrivando così al 30 marzo dove sull’isola ormai si rasenta il terzo mondo, il nervosismo e alto e nel CDM ancora non si sapeva come risolvere il problema.

L’Italia per l’ennesima volta fa la sua pessima figura! Al contrario degli italiani che invece, come potevano, hanno aiutato uomini come loro. Ormai più che arginare il problema, la cosa migliore da fare sarebbe gestirlo. Magari così come avviene a Ben Gardane, dove anche dopo la creazione della tendopoli la popolazione ha continuato a collaborare con le associazioni umanitarie. Portando viveri, medicine, coperte e vestiti e cercando di curarli e identificarli così da non farli vagare per la città.

Si poteva evitare la tragedia di ieri e lo si poteva fare tendendo la mano ad uomini che non sono ne rifugiati ne clandestini! Sono solo uomini! Ma purtroppo qui si pensa a chi debba risolverlo il problema invece di risolverlo. Il lavoro da fare è troppo sporco!

E così oggi l’anima di alcuni uomini, donne e bambini è cullata dalle onde del Mediterraneo invece che essere scaldata dal sole di un isola amica.