La rivolta gentile di Jamila: ragazza troppo bella per essere una studentessa pachistana

di Anna Laudati

Per Jamila, ragazza pachistana di 19 anni, oggi non è un lunedì di rientro a scuola come tutti gli altri: è un giorno importante, il giorno in cui ha vinto la sua rivolta “gentile”. (Katia Tulipano)

donna_velo_web--400x300 Si, perché Lei è una ragazza silenziosa, timida, educata, sempre rispettosa di quello che le chiedono sua madre ed i suoi tre fratelli, con cui vive a Brescia dopo la morte del padre due anni fa per un infarto mentre lavorara in una fonderia. Ha ubbidito anche quando i due fratelli più grandi, circa una settimana fa, le hanno proibito di andare a scuola. Nessuna minaccia, solo una nuova regola: non puoi uscire di casa da sola.

La sua colpa? “E’ una ragazza bellissima, di una bellezza magnetica, arcana” spiega il professore Fabio M., a cui Jamila aveva confessato tutta la sua tristezza, in un lettera pubblicata l’altro ieri sul quotidiano locale BresciaOggi. “A Jamila la scuola piace, si è impegnata a superare il deficit della lingua, per lei che è arrivata in Italia 13 anni”. La lettera-denuncia fa scattare subito l’allarme.

E’ ancora vivo il ricordo di Hina Saleem, uccisa nel 2006 proprio a Brescia perché si era troppo “occidentalizzata”. Così la squadra mobile guidata da Riccardo Tumminia si precipitano nell’appartamento dove trovano la madre e la ragazza che subito dice la verità: “Non posso più uscire da sola, non posso più andare a scuola”. Cominciano a delinearsi i contorni della vicenda che si concluderà proprio in questura, dove le donne vengono condotte, grazie al lavoro dei poliziotti e all’aiuto del console pachistano e di una sindacalista della Cgil che si occupa della mediazione con la comunità pachistana.

Si tratta dell’ennesima storia di arretratezza culturale, isolamento sociale e miseria. Per superare i problemi economici sorti dopo la scomparsa del padre, i fratelli di Jamila avevano deciso di farla tornare in Pakistan e costringerla a sposare un ricco cugino.

"Ai tempi della sua morte il padre non era iscritto al sindacato e la sua assicurazione contro gli infortuni era scaduta, quindi la famiglia, davanti al diniego di qualsiasi risarcimento, ha intentato una causa e, su consiglio del loro legale, sospeso i pagamenti delle rate del mutuo. Ma la banca, dopo quindici mesi di insolvenza, minacciava ormai di riprendersi la casa" spiega la sindacalista Silvia Spera. Gelosi e possessivi, le hanno dunque vietato di uscire di casa per evitare che la ragazza potesse diventare oggetto delle attenzioni di altri uomini, probabilmente nell’eventualità che lei si innamorasse di qualcuno mandano a monte il piano del matrimonio combinato.

Sono state le parole del console pachistano a farli ritornare sui loro passi, non oltrepassando quel confine che segna il limite con i reati di sequestro di persona, minacce e violenza. Accorso in questura appena venuto a conoscenza della vicenda, il console gli ha spiegato che da nessuna parte nel Corano c’è scritto che una donna non può uscire da sola, andare a scuola e amare chi vuole.

E sempre lui oggi l’ha accompagnata nel suo primo giorno di ritorno alla vita. Jamila ora può continuare ad impegnarsi raggiungere i suoi sogni “occidentali” di conseguire un diploma all’istituto di moda di Brescia e trovare un lavoro. Non ha taciuto. Silenziosamente, si è ribellata alla sua condizione di unica figlia femmina di una famiglia pachistana in disagiate condizioni economiche, difendendo il suo diritto alla costruzione del futuro che lei stessa sceglierà per sè. In bocca al lupo Jamila!