Bin Laden è morto davvero!?

di Sara Pulvirenti

Fare la cronaca dell’uccisione di Bin Laden sarebbe la scelta meno originale del momento, come del trattare della veridicità della sua morte . Ma parlare dello “Sceicco del terrore” può essere l’occasione per raccontare una realtà sempre più a cavallo tra reale e irreale. (Sara Pulvirenti)

bin-laden-1-large Molte testate giornalistiche on line ieri hanno pubblicato in primo piano sulla loro home page una foto di un volto insanguinato, con la scritta: “Ucciso Osama Bin Laden”. Dopo non molte ore, è stato dimostrato che quella foto era un fotomontaggio. Si sarebbe potuto discutere, qualora fosse stata vera, sull’opportunità di rendere pubblica un’immagine così cruenta ma quello che più conta è che nessuna testata giornalistica ha fatto una rettifica ufficiale. La notizia della falsa foto è stata semplicemente citata in articoli di colore rispetto ai ben più importanti approfondimenti dedicati a quella che forse è la notizia dell’anno. 

Perché enfatizzare questo aspetto? Perché questo piccolo episodio, unito alla visione del blitz in diretta dalla Casa Bianca da parte del presidente del Stati Uniti, Obama, dimostrano ancora una volta come l’escalation di Osama Bin Laden sia strettamente legata al mondo dei media. 

Bin Laden, come capo del terrorismo islamico, nasce per la gente comune dopo la strage delle Torri Gemelle dell’11 Settembre 2001, il primo e forse l’unico attacco terroristico in diretta televisiva. Ma il terrorismo islamico ha radici profonde, così come la storia dello Sceicco. Era il 1988 quando per la prima volta si sentì parlare di Al Qaida. Ed all’epoca Bin Laden era un trentenne che era stato coinvolto nella guerra in Afghanistan contro il governo filo sovietico di allora. 

L’operato di Bin Laden dall’inizio degli anni ’90 fino al 2001 conta attentati importanti, riusciti e non, tutti simbolicamente forti: da quello mancato al World Trade Center del 1993 a quelli alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania del 1998 che fecero 223 vittime e più di 4000 feriti. 

Nonostante questi numeri ed il ripetersi di “avvertimenti” anti-americani, Bin Laden fino al 2001 non era affatto considerato il nemico numero uno dell’Occidente. Da quella data di settembre fino ad oggi tutti noi però abbiamo imparato il suo nome e numerosi termini legati al mondo islamico: jahad, fatwa, imam e simili. Non molti però conoscono il bilancio delle vittime: con il crollo delle torri gemelle sono morte 3315 persone, a Madrid le vittime sono state 192 e a Londra 52. A questi vanno aggiunti i circa 1.000 morti degli attentati in Indonesia (2002 e 2005), Arabia Saudita (2003), Marocco (2003), Tunisia (2002), Turchia (2003), Egitto (2005), Giordania (2005), Iraq (2004 e 2007) e Yemen (2008), senza contare le rappresaglie in Afghanistan e Pakistan. Ma per dare un bilancio completo del terrorismo, dobbiamo contare anche i soldati morti in Iraq ed in Afghanistan, circa 6.000 solo quelli americani (dati aggiornati a metà del 2010) ed i civili colpiti dai bombardamenti e dai conflitti a fuoco, purtroppo non stimabili con certezza.  

Numeri di questo tipo se fossero conosciuti ai più, di sicuro non verrebbero dimenticati. Ma Bin Laden è figlio della televisione e soprattutto di internet: due media basati prevalentemente sulle immagini e non sui dati numerici e le parole. Quindi i 500 morti degli attentati in Iraq del 2007 non rimangono nelle nostre menti e nei nostri cuori. Sarà che l’Iraq non lo sentiamo vicino come gli Stati uniti, ma l’immagine che nessuno mai dimenticherà è quella delle torri che si frantumano, mentre impiegati disperati si lanciano dalle finestre. 

Ed ancora, il legame con internet è di tipo strumentale: com’è stato possibile che un singolo individuo potesse organizzare attentati terroristici efferati essendo braccato tra le montagne afgane? Semplificando si potrebbe dire che Bin Laden si è fatto conoscere attraverso la televisione ma si è fatto strada nel mondo attraverso il web: i suoi video, i corsi on line per kamikaze, i siti di affiliazione…tutto virtuale ma con ripercussioni tragicamente reali.  

Su questa alternanza tra immateriale e materiale, si fonda tutta l’esistenza di Bin Laden, persino la sua morte. Il suo corpo rimane una chimera: visibile sugli schermi di tutto il mondo ma mai tangibile. Anche ora che è stato ucciso. Oggi, mentre sui teleschermi scorrono le immagini del covo del ricercato numero uno, la domanda che resta è: ma perché il cadavere è stato gettato in mare? Perché con questa fretta? Perché lasciare lo spazio a quanti sosterranno che lo Sceicco è ancora vivo? Domande che forse non troveranno mai una risposta. 

E se come detto all’inizio dell’articolo, le principali testate giornalistiche mondiali hanno aperto con una falsa notizia fotografica, è quasi il colmo sapere che invece la notizia dell’uccisione di Bin Laden sia stata data per la prima volta su twitter da un trentenne pachistano, @ReallyVirtual, “Bin Laden è morto. Non l'ho ammazzato io. Ora fatemi dormire”, ha scritto come se fosse una notizia di tutti i giorni. Il suo account è stato seguito da 90.000 persone.  

Che alla fine l’irrealtà superi la realtà?

(foto: panorama.it/mondo)