Protesta in Arabia Saudita: i veli neri si lanciano nel grido "Io guiderò!"

di Francesca Elia

Si tratta di un gruppo di donne saudite che si ribellano al divieto imposto dalla fatwa, dimostrando che il “sesso debole” non esiste più e le differenze tra uomo e donna non possono tramutarsi in discriminazioni. (Francesca Elia)

islam2 Il 17 giugno scorso è stata avviata la protesta “Io guiderò”, organizzata, attraverso l’utilizzo di Internet, in particolar modo Facebook e Twitter, dalle donne dell’Arabia Saudita, per manifestare la loro disapprovazione nei confronti di un divieto consuetudinario che le priva della patente. “Non possono permetterci di guidare la macchina solo in situazioni di emergenza e per portare i familiari al pronto soccorso”: a parlare è Manal al Sharif una ragazza di trentadue anni della Arabia Saudita ripresa con un cellulare da una sua amica mentre era alla guida della sua macchina, gesto che le è costato due settimane di prigionia, Manal infatti è stata arrestata dalla polizia locale il 22 maggio scorso,  poiché nel suo paese le donne non possono guidare le macchine.

In realtà non esiste nessuna legge che effettivamente lo consideri un reato ma la fatwa impone diversi obblighi e divieti  nei confronti delle donne che devono essere rispettati: non uscire senza un accompagnatore maschile, indossare l’hijab, non guidare la macchina da sole, non lavorare senza il permesso di padre o marito. Le donne in Arabia sono prigioniere di un mondo talebano che schiaccia i loro desideri, limitandole in qualsiasi gesto di indipendenza ed autonomia.

Loro hanno detto “basta”, e si sono date appuntamento nelle varie piazze del loro paese per mettersi alla guida della propria vettura e lottare per vedersi riconoscere i diritti che loro spettano. Nel video,  pubblicato su youtube, la giovane donna racconta al pubblico di internet lo stile di vita imposto alla popolazione femminile, narra di compagne costrette a pagare un autista per farsi accompagnare sul luogo del lavoro o per andare a fare la spesa, i prezzi richiesti da tali autisti, prevalentemente stranieri, sono altissimi e delle volte risucchiano più dell’ 80% dello stipendio mensile di una donna.

E’ un sistema giuridico statale sbagliato alla base, eccessivamente contrastante con i modelli sociali mondiali. Questo è un esempio di assoluta discriminazione vigente tra gli uomini e le donne nei paesi del Medio Oriente e della forza di volontà delle ribelli dell’Arabia Saudita. Sul sito internet molte donne, la sera prima della protesta, hanno dichiarato di voler partecipare alla sfida lanciata col consenso, in alcune circostanze, anche dei propri mariti; vi era chi addirittura aveva già preparato nel cofano tutto il necessario per trascorrere la notte in carcere. Alcuni mullah conservatori hanno chiesto alla polizia di aumentare i controlli sulle donne al volante, preoccupati che la protesta potesse sfociare in una vera e propria ribellione nazionale.

Già a partire dalla mezzanotte del 17 giugno si sono viste scorazzare nelle auto al volante veli neri non intimoriti dalla polizia e dal rischio di finire in prigione. Queste donne hanno dimostrato per l’ennesima volta che il “sesso debole” non esiste, la differenza si ferma a caratteristiche prettamente fisiche e le pari opportunità non hanno limiti nazionali. Il grido femminile ha raggiunto i telegiornali e i siti web di ogni paese, Manal è riuscita a farsi ascoltare insieme alle sue compagne, sollevando l’indignazione nell’opinione pubblica per quanto le è accaduto.