Si può anche morire di giornalismo... da precario! La breve storia di Pierpaolo Faggiano

di Sara Pulvirenti

Quando si inizia a scrivere con l’ambizione di fare il giornalista, il grande sogno è quello di riuscire a farlo per grandi testate. Magari di diventare una “firma”, una di quelle per le quali non serve specificare il nome per capire di chi si parla: Montanelli, Biagi, Travaglio, sono solo alcuni esempi. Ma a volte il salto dal sogno alla realtà diventa un abisso. Storia di una vita spezzata. (Sara Pulvirenti)

pierpaolo_faggiano Questa che vi raccontiamo è la storia di Pierpaolo Faggiano, un giornalista freelance, con anni di servizio alle spalle. Usiamo il tempo al passato, perché adesso Pierpaolo non c’è più. Si è tolto la vita, a soli 41 anni, impiccandosi nel giardino di casa, dove viveva con il fratello e la madre. Il suo ultimo post su facebook, datato 18 giugno, invitava a partecipare al suo “Ceglie Open Jazz”, ideato da lui con amore tanti anni fa. Sette giorni prima era stato il suo compleanno e la bacheca era coperta di auguri. Ora invece niente musica ma solo silenzio ed i commenti increduli di chi a quel festival lo aspettava come ogni anno.

Da giornalista quale era, non ha lasciato domande in sospeso sul suo gesto. Ha scritto una lettera, il suo ultimo articolo, dove ha spiegato le sue ragioni: una delusione sentimentale ma soprattutto la sua situazione lavorativa precaria.

Quella di Pierpaolo è una storia estrema che testimonia tragicamente la difficoltà per i giovani di trovare un impiego reale, non solo nel campo del giornalismo ma in generale nel mercato del lavoro. Secondo i dati ufficiali dell’Ordine dei Giornalisti (Cfr: settembre 2009), in Italia esistono 108.437 giornalisti. Di questi però solo 27mila sono professionisti (circa 4000 sono in pensione) e 70.000 pubblicisti (di cui circa 7500 in pensione). Nonostante la crisi dell’editoria, però, ogni hanno sono circa 1000-1200 persone quelle che sostengono l’esame di Stato: il 10% ci arriva dopo un contratto di praticantato, il 20% dalle scuole di giornalismo. 

Se si guardano le retribuzioni, il quadro si fa ancora più complesso: secondo i dati della Federazione Nazionale Stampa Italiana, oggi ci sono circa 5000 giornalisti che guadagnano meno di 14.000 euro all’anno. I praticanti con meno di 12 mesi di servizio, percepiscono 15mila euro annui che diventano 20mila per chi ha una maggiore anzianità. Ma forse la situazione più difficile riguarda tutti gli altri: infatti la maggior parte delle testate paga le collaborazioni secondo tariffari molto bassi, anche solo pochi euro a pezzo. 

E’ stata questa realtà a spingere Pierpaolo Faggiano a togliersi la vita. Fortunatamente però il suo è un caso isolato. Infatti nonostante la crisi, gli scarsi o addirittura mancati pagamenti, ogni anno il numero di ragazzi che decide di impegnarsi anima e corpo per scrivere aumenta. Anche la nostra redazione, vede di mese in mese, crescere il numero dei collaboratori. E’ come se proprio in un momento di crisi come questo si sentisse più forte che mai il bisogno di raccontare ed al tempo stesso raccontarsi.

Pierpaolo Faggiano, scriveva di musica, di arte e spettacolo. Quindi di sentimento. Ed il sentimento purtroppo da questa vicenda ne esce totalmente triturato. Come può un uomo ritrovarsi a 40 anni a vivere ancora a casa con i genitori facendo un lavoro per il quale chissà se e quando verrà pagato? Quante volte si sarà fatto questa domanda e quante volte avrà preso slancio da qualche piccola soddisfazione lavorativa per dirsi che la svolta ci sarebbe stata e che presto tutto sarebbe cambiato. Ma poi magari vedeva intorno a se colleghi sfruttati e ricompensati con retribuzioni ridicole (in alcuni casi anche 0,50 centesimi ad articolo, tasse comprese) ed allora ripiombava in pensieri che difficilmente diventano parole e che, quando lo fanno, spesso si trasformano in atti irreparabili. 

A questo punto vi chiederete, ma perché parlare di questo evento così triste, estremo e per molti aspetti scoraggiante su un magazine rivolto ai giovani e scritto dai giovani? Perché la realtà va sempre raccontata, anche quando è negativa e straziante. Anche in quei casi, dove tutto è nero, guardando bene si trova uno spiraglio di speranza. Direte voi, in questo caso quale può essere la speranza?  

Avere la certezza che, nonostante la quotidianità ingiusta che ha ucciso Pierpaolo Faggiano, ci sono ancora tanti e tanti ragazzi e ragazze che si impegnano, che sognano e sperano di potere scrivere per professione. Di potere vedere quella firma in fondo ad una colonnina e di sentirsi dire, “ ti ho letto”. Questa è l’unica e vera speranza. Sarà protagonismo? Sarà un bisogno di mettersi a disposizione della comunità? Forse nessuna di queste opzioni ma molto più semplicemente solo la voglia di fare qualcosa che si ama. Una di quelle passioni che si portano avanti anche se il tempo e le energie che si utilizzano sono imparagonabili con i risultati ottenuti. Non è giusto morire per una passione, ma è tremendamente giusto parlare di chi e del perché ha deciso di togliersi la vita per questo motivo. 

Intanto giovedì 30 giugno alle 20.30 presso Piazza della Torretta a Roma è stata organizzata dall’Associazione Stampa Romana una fiaccolata in memoria di Pierpaolo Faggiano, semplicemente “un uomo taciturno e sincero, alla ricerca della verità”.

Ci uniamo silenziosi a questo gesto di solidarietà e di saluto per il collega Pierpaolo.