Le periferie inglesi in rivolta: fenomeno circoscritto o di portata europea?

di Pier Francesco Bello

Le violente scene che nei giorni scorsi hanno insanguinato molte città del regno Unito affondano le loro radici nei pesantissimi tagli operati dal governo inglese per porre rimedio alla crisi economica e nella diffusissima disoccupazione soprattutto giovanile. (Pier Francesco Bello)

game_one E’ bastato un innesco,  la morte di un giovane straniero ucciso dalla polizia mentre cercava di sfuggire agli arresti,  in un sobborgo periferico di una delle metropoli europee storicamente più avanzate perché il malcontento di chi, a cominciare dai più giovani, aveva visto arretrare l’avanzatissimo Stato assistenziale inglese, meglio noto come Welfare State, degenerasse in una vera e propria guerriglia urbana che si è propagata a macchia d’olio in tutta la capitale britannica, senza che ne fosse esonerato neanche il centro storico.

Nell’arco di poche ore il sobborgo in questione, Totthenham, è diventato un campo di battaglia. I rivoltosi hanno iniziato assaltando il commissariato ritenuto responsabile della morte del giovane immigrato, passando poi a frantumare vetrine e distruggere tutto quanto incontravano sul loro percorso. Hanno innalzato barricate servendosi di cassonetti dei rifiuti e altro materiale reperito al momento. La gravità della situazione ha spinto il Primo Ministro Cameroon a rientrare immediatamente dalle ferie per seguire attentamente la vicenda.

Ma quel che sembrava un fenomeno circoscritto alla capitale britannica, ha infiammato altre importanti città inglesi come Liverpool, Manchester, Birmingham e Bristol. Gli episodi a cui abbiamo assistito in Inghilterra non sono certo una novità in Europa da alcuni anni orsono. Basta ricordare le rivolte in Francia del 2005 nelle banlieue di Parigi e quelle più recenti del 2009 per protestare contro i tagli annunciati dal Presidente Sarkozy.

Entrambi questi fenomeni hanno un elemento in comune: la genesi nelle periferie degradate di una grande metropoli. Nei Paesi d’Oltralpe questo problema delle periferie è apparentemente più vivace soltanto perché in quelle realtà la protesta esplode facilmente e in modo estremamente virulento. Non per questo è lecito pensare che il problema in Italia sia assente; è solo latente e la sommossa non si fa viva soltanto perché vi è un diffuso senso di rassegnazione che pervade in particolare gli strati sociali più disagiati.

Quindi il problema delle nostre periferie, pur non essendo antico come quello inglese o francese, a quelle latitudini era già diffuso all’inizio dell’Ottocento,  in circa 50 anni è divenuto preoccupante. Questi germi di rivolta che periodicamente attraversano il Vecchio Continente vengono spesso sottovalutati o semplicemente repressi dalle Autorità senza porsi il problema di come trovare una via d’uscita.

Infatti è ben noto che le sacche di povertà sono terreno fertile nel quale facilmente possono germogliare i semi della violenza; però quando tutto ciò si verifica in epoca di crisi globale del ceto medio, il fenomeno può diventare un grave antecedente di disgragazione sociale. Ma attenzione, da tutto ciò non siamo immuni nemmeno noi in Italia!