Roma, precipita un elicottero. Storia di un errore: informazione o disinformazione?

di Sara Pulvirenti

Presunto incidente avvenuto nei pressi di Manziana. Il 20 agosto la notizia ha fatto il giro di tutte le principali testate giornalistiche nazionali on-line: La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero, Tgcom, solo per citarne alcune. Ma in realtà non si era schiantato nessun elicottero. (Sara Pulvirenti)

elicottero6-656x369 A me, che vivo proprio da quelle parti, invece il fatto è stato riferito mentre stavo portando un gruppo di turisti a visitare la vicina Riserva Naturale Regionale Monterano: “Sara, lo sai che è caduto un elicottero? Sembra che ci siano dei morti! Però sinceramente, oltre ad una sirena nel primo pomeriggio, non si è sentito nulla. Chissà dov’è precipitato di preciso”.

Istintivamente mi sono guardata intorno alla ricerca di chissà cosa: forse mi aspettavo un dispiegamento di mezzi particolare, del fumo ma tutto era apparentemente normale. Nel frattempo una mia collega mi dice di essere stata contattata da una giornalista sua amica che voleva conoscere i dettagli dell’incidente per scrivere un articolo. Continuo a lavorare e verso le 21:30 finalmente rientro a casa. Indovinate qual è stata la prima cosa che ho fatto? Ovviamente accendere il pc ed andare su internet. Qui ho trovato la sorpresa: non era caduto alcun elicottero ma sul web nel pomeriggio la notizia era stata data per certa, tanto che per esempio su Tgcom era scritto che “ancora non si sa se ci sono vittime”.

In realtà questi sono stati i fatti: un elicottero stava sorvolando a bassa quota una località nei pressi di Manziana, 50 Km a nord di Roma, quando all’improvviso si è sentita un’esplosione, dovuta in realtà allo scoppio di una bombola. A quel punto un residente ha contattato i carabinieri segnalando la possibile caduta dell’elicottero che aveva visto in precedenza.

Questa “notizia non notizia” è l’esempio tangibile della fragilità del sistema informativo moderno, incentrato sulla tempestività e rapidità della diffusione dei fatti e non più sulla certezza di ciò che accade.

La concezione “classica” del lavoro di giornalista prevedeva un individuo impegnato a raccontare la realtà che vedeva e viveva. Ora non è più così: i quotidiani ed i mass media in generale hanno l’usanza di affidarsi ai materiali inviati dai lettori, ai video girati dai telefonini: l’importante è trovare una “notizia nuova” e “lanciarla” per primi. Nei manuali di sociologia della comunicazione per identificare questo fenomeno si parla della nascita di “reporter diffusi”: i primi ad esserlo in maniera inconsapevole e non voluta, furono le vittime degli attentati dell’11 settembre, quelli del volo UA-93 che precipitò in Pennsylvania, grazie all’intervento dei passeggeri, prima di colpire la Casa Bianca.

Le loro telefonate strazianti ai famigliari rappresentano uno spartiacque: da allora ogni evento è sempre stato raccontato non solo dai giornalisti ma spesso dai diretti interessati o da persone comuni. I blog, i profili dei social network sono solo alcuni esempi di strumenti ai quali il giornalismo attinge ormai quotidianamente. Questo di per sé non sarebbe un errore, lo sbaglio grande si verifica laddove viene meno la certezza della fonte: se ci si affida ad altri per raccontare la realtà, come è possibile essere sicuri che quello che si racconta è davvero reale? Cesare Cantù, storico e deputato del primo parlamento dell’unità nazionale, scriveva “Peste della patria è il giornalismo che accetta le notizie senza vagliarle, quando pur non le inventa”.

E’ passato più di un secolo ma il concetto è sempre lo stesso: delegare la conoscenza dei fatti a qualcun altro o ad un altro mezzo è un rischio che, in caso di errore, fa perdere di credibilità al giornalismo stesso. L’episodio dell’elicottero mai caduto ne è un esempio. Forse però un vero e proprio problema non c’è. Tanti libri sull’argomento non hanno ragione di esistere se come scriveva all’inizio del ‘900 il giornalista francese Alfred Capus “nel giornalismo c’è questo di buono: ciò che è scritto oggi è dimenticato domani”.