Decreto Intercettazione: tra le proteste prosegue il cammino dell’iniziativa legislativa del Governo

di Stefania Galizia

Il decreto legge sulle intercettazioni ha suscitato un acceso dibattito che ha coinvolto sin dall’inizio gli addetti ai lavori di diversi campi della società, dai magistrati ai politici, ai giornalisti, ai docenti universitari, etc. (Stefania Galizia)

camera_deputati Brevemente, da un punto di vista strettamente giuridico, il ddl cerca di limitare in maniera considerevole l’utilizzo delle intercettazioni (telefoniche ed ambientali), allo scopo di contemperare da un lato le esigenze di riservatezza degli imputati, dall’altro la libertà di stampa, sancita costituzionalmente.

Secondo numerosi esponenti del mondo della magistratura, e dell’informazione, questa operazione nascondendosi dietro il virtuoso proposito di tutelare la privacy, mette a rischio diritti e principi costituzionalmente garantiti (libertà di stampa, diritto all’informazione, come diritto sia di informare, sia di essere informati …). Secondo i critici bastava sanzionare, anche in maniera pesante, chi avesse violato l’obbligo di distruzione di quelle intercettazioni considerate irrilevanti o riguardanti terzi estranei. Da molti è adombrato il sospetto chela tutela della privacy si divenuta il pretesto per aggredire la magistratura che mette in pericolo il silenzio sul “mostruoso connubio” tra politica e affari, sull’illegalità che corrode la società e l’insopportabile stampa che consentirebbe ai cittadini impegnati di continuare ad avere una coscienza critica nel nostro paese.

E c’è di più: in questi giorni c’è stato un tentativo di colpire anche la rete. Più precisamente a proposito dell’obbligo di rettifica, il comma 29 del decreto legge in questione, la cosiddetta norma ammazza - blog, stabilisce che “per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche siano pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

Subito si è fatta sentire la protesta di Wikipedia a tutela di un sapere libero e neutrale, come specifica il Comunicato del 4 Ottobre scorso. L’Enciclopedia libera telematica più diffusa al mondo che da anni consente a chiunque di accedere al sapere in tempo reale, non poteva sopportare l’obbligo di dover pubblicare le smentite senza neppure il diritto di entrare nel merito delle stesse, e per qualche giorno non è stata visibile in chiaro! Il co-fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, ha affermato in un’intervista: “l'Italia ha già leggi assolutamente efficaci contro la diffamazione, e questa proposta di legge va oltre in modo drammatico”.

La Commissione Giustizia di Montecitorio ha cercato di porre rimedio, elaborando un emendamento per l’aula che toglie l’obbligo di rettifica entro 48 ore per tutti i siti informatici e lo lascia in vigore solo per le testate giornalistiche on-line; si compiace di questa scelta il nostro Ministro della gioventù, Giorgia Meloni, “credo che si sia compiuta una scelta di buon senso escludendo i blog dalla norma sull’obbligo di rettifica, rinviando la disciplina di questi, così come quella dei siti personali, a un dibattito più approfondito”.