Egitto: continua la rivoluzione per la democrazia

di Stefania Galizia

A una settimana dalle prime elezioni libere post-Mubarak, il bilancio degli ultimi tre giorni di violente proteste è disastroso: almeno 12 morti, 15 secondo altre fonti e centinaia di feriti. (Stefania Galizia)

egitto Piazza Tahrir è tornata l’epicentro della rivolta: a far scoppiare la scintilla delle proteste è stato lo sgombero di un sit-in che chiedeva giustizia per le violenze scoppiate durante le rivolte contro l'ex presidente Hosni Mubarak, sabato mattina. È stato un attimo: in migliaia hanno reagito lanciando pietre. Così per le strade sono tornati gli slogan. Ora tutti contro i generali. Sabato la polizia mirava agli occhi dei manifestanti, soprattutto dei giovani. Uno di quei ragazzi ha scritto: "L'esercito vuole che la gioventù sia cieca".

Wael Ghonim, l’anima della «cyber rivoluzione» egiziana, il simbolo della rivolta di Piazza Tahrir, ricorda che i protagonisti della “rivoluzione del 25 gennaio” hanno dimostrato al mondo che esiste un’alternativa al regime in uniforme e a quello della “sharia”, e questa alternativa vive in Egitto, come in Tunisia, nello Yemen come in Siria, diffidenti verso una scorciatoia militare alla democrazia.

Proprio in segno di protesta contro le violenze della polizia si è dimesso il ministro della cultura egiziano Emad Abou Ghazi.

Il 25 gennaio scorso l’esordio della protesta, quando venticinquemila manifestanti scesero in piazza, nella capitale, per chiedere riforme politiche e sociali, sul modello della “rivoluzione del gelsomino” messa in atto in Tunisia. La domanda di cambiamento da parte della popolazione egiziana, specie quella di giovane età (con il 29% della popolazione che ha un'età compresa tra i 15 e i 29 anni) è stata sostenuta da una forte volontà di mutamento delle condizioni sociali, oltre che da istanze molto radicate di trasformazione del regime politico in senso democratico e pluralistico.

La data delle presidenziali non è stata ancora fissata, ma si terranno dopo le elezioni parlamentari (che iniziano il 28 novembre e dureranno mesi) e dopo che verrà scritta la nuova Costituzione. Tra le richieste dei manifestanti vi è proprio la revisione della bozza di riforma della Costituzione, che concede troppa autonomia ai militari. Anzi, i manifestanti chiedono adesso le dimissioni del capo del Consiglio di sicurezza delle forze armate, considerato non diverso da Mubarak. La preoccupazione è che la giunta militare del maresciallo Hussein Tantawi attualmente al potere, non abbia alcuna intenzione di lasciare il comando. E’ quello che sostiene l’unica candidata donna alle elezioni presidenziali, Bouthaina Kamel, 49 anni, musulmana, madre, giornalista e attivista. “Siamo consapevoli che ci vuole tempo per la democrazia e per costruire il nuovo Egitto e sappiamo che il nostro cammino è lungo, ma dobbiamo difendere la nostra dignità”, le sue parole prima di essere arrestata dalla polizia insieme ad alcuni giovani, ma rilasciata subito dopo che l’allarme si è cominciato diffondere in rete.

Il premier Essam Sharaf ha convocato una riunione di emergenza dell'esecutivo per gestire la crisi.

I manifestanti, dal canto loro, chiedono una rappresentanza civile nel Consiglio superiore e la fine del potere dei militari.

Non tarda ad arrivare l’appello dell’U.E. che, attraverso le parole dell’Alto rappresentante Catherine Ashton al quale ci associamo, auspica affinché le autorità egiziane rispettino i diritti umani e ascoltino le aspirazioni democratiche dei cittadini.