"20 anni di Berlusconi attraverso gli occhi di una trentenne"

di Sara Pulvirenti

“Per un nuovo miracolo italiano, Forza Italia”. (Sara Pulvirenti)

parlamento Avevo 13 anni e queste parole risuonavano praticamente ogni giorno alla televisione: libreria e scrivania non troppo ordinate, foto con la famiglia felice e poi immancabile il tricolore. A pronunciarle quello che per me, grazie ai miei cari cugini tifosi, era semplicemente il Presidente del Milan. Per molto tempo, quello spot ha attratto la mia attenzione, a tal punto da indurmi ad organizzarmi: mi sistemavo vicino alla libreria della sala, mettevo una foto con mamma, papà e mia sorella alle spalle e via con lo spot casalingo. Una vera e propria parodia dei passaggi televisivi che faceva divertire parenti ed amici.

Da allora sono passati 17 anni ed io ormai sono una trentenne. Questo significa che non sono più una studentessa delle medie ma una donna adulta che ha diritto di voto ed ogni giorno si barcamena alla ricerca di una stabilità economica costante. Da quei giorni il nome Berlusconi è diventato un’abitudine: non più una sorpresa e soprattutto non solo un nominativo legato al mondo del calcio. Berlusconi qui, Berlusconi qua. Berlusconi ha fatto, Berlusconi ha detto. In questi giorni però sembra che tutto abbia subito uno stop (sarà un caso che proprio questa parola è anagramma di spot?): è come se si fosse creato un vuoto nella classica programmazione informativa televisiva e non solo. Quasi come se, senza Berlusconi, ci si dovesse inventare qualcosa. Così riaccendo la televisione e cosa trovo?

Di nuovo lo spot che vidi 17 anni fa: stesse parole, stesso individuo in giacca e cravatta (anche se meno sorridente) solo lo sfondo è diverso. Niente libreria, niente foto della famiglia felice ma una bella gigantografia del logo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Mi sono detta, dai Sara, non fare la solita puntigliosa, non focalizzarti su questi ridicoli particolari. Ma non mi sono convinta: dietro quella sottile differenza è racchiuso infatti in maniera inequivocabile quasi un ventennio della storia politica e sociale italiana.

Dov’è finito quel sorriso affabile che nel post tangentopoli conquistava casalinghe, giovani e politici? E quel mobilio semplice, quella libreria che ora potremmo benissimo dire acquistata da Ikea? Non ce n’è traccia, così come del Miracolo Italiano.

Ah, il miracolo! I giochi di parole e le casualità della vita a volte sono straordinarie: avete fatto caso a chi, proprio in quei giorni, ha usato questo termine? Roberto Benigni nel suo discorso al Parlamento Europeo ha detto: “L’Italia non è il paese del Rinascimento, del Risorgimento. No l’Italia è il paese del miracolo permanente”.

Simbolicamente tutto sembra andare a chiudere un cerchio: la figura del cerchio è proprio quella che meglio descrive il processo comunicativo. Un emittente manda un messaggio, che supera diverse barriere ed arriva al ricevente, che lo decodifica e lo rispedisce all’emittente.

Ed appunto, eccoci qua, di fronte alla televisione a ricevere forte e chiaro un messaggio che era partito sotto tutte altre insegne. Il miracolo italiano non c’è stato ed anzi, ne serve uno in fretta in furia, per andare con serenità verso il futuro. E saremo proprio noi giovani a dovercene assumere l’onere. Gli esperti di pc potrebbero quasi scambiare queste parole per un loop: il tempo passa, le parole girano ma si ritorna sempre al punto di partenza.

Chissà quando e se riaccadrà che la politica non si pieghi su se stessa ma riacquisti lo slancio per guidare i cittadini verso il futuro! Magari tra altri 17 anni sarò di nuovo qua a scrivere, quasi cinquantenne, di qualcosa di diverso.