Riforma del mercato del lavoro: il prezzo dell’intesa

di Stefania Galizia

Sono state smentite le indiscrezioni di ieri del quotidiano “La Repubblica” che hanno parlato di un incontro “segreto” tra il Presidente del Consiglio, Mario Monti e il Segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Il tema del faccia a faccia sarebbe stato un primo confronto per raggiungere un compromesso sulla Riforma del Mercato del lavoro, le cui misure dovranno essere varate entro il mese di marzo. (Stefania Galizia)

mercato-lavoro

 

Il modello cui il governo intende ispirarsi pare sia quello della flexicurity di stampo danese che consiste in un sistema virtuoso che tende ad assicurare ai cittadini il beneficio di un livello elevato di sicurezza occupazionale in un contesto economico in rapido cambiamento. In quest’ottica  la sicurezza e la flessibilità possono rafforzarsi reciprocamente.  Ma c’è un quid pluris che bisognerebbe mutuare dagli scandinavi: lassù esiste un cosidetto “golden triangle” composto dallo Stato, dai sindacati e dai datori di lavoro, che è capace di dare e di ricevere quanto occorre a mantenere la stabilità occupazionale per il 76% dei cittadini (al primo posto nella classifica europea) in ogni fase della loro vita, perché l’accesso a un altro impiego è garantito, soprattutto grazie al ruolo del sindacato nella gestione del sistema di orientamento e formazione. Le parole d’ordine sono flessibilità, welfare e politiche attive del lavoro.

 

In Danimarca la precarietà del lavoro non esiste e la mobilità che in Italia viene vista dalla maggior parte dei lavoratori con angoscia, là non spaventa perché la metà dei disoccupati trova lavoro in meno di dodici mesi.

La domanda è: può essere  recepito questo modello nel sistema socio-economico italiano?

L’argomento maggiormente scottante in questi giorni risulta essere il discorso intorno all’art. 18, del quale si intenderebbe prevedere una sospensione per alcune categorie di lavoratori; in particolare chi ha una lunga esperienza di precariato potrà avere la possibilità di passare alla stabilità accettando una prima fase di 3-4 anni in cui non sussiste il divieto per il datore di lavoro di interrompere il rapporto ex  art. 18.

La norma in questione, difesa con i denti dai sindacati come baluardo dei diritti fondamentali dei lavoratori, rischia di non reggere l’urto del mercato. Palazzo Chigi considera l'intervento su questo articolo  -  non la sua cancellazione  -  un passo decisivo per adeguare l'Italia alle nuove esigenze della globalizzazione e renderla competitiva in una fase critica per la nostra economia. In particolare l’uso che viene fatto nei Tribunali di tale norma pare che non incentivi gli investitori internazionali a vedere nell’Italia un mercato possibile. “Per come viene applicato in Italia, l'articolo 18 sconsiglia l'arrivo di capitali stranieri e anche di capitali italiani", aveva detto lo stesso Monti  lo scorso 3 febbraio.

Un chiaro riferimento al processo del lavoro, a una giurisprudenza troppo rigida e a tempi di definizione delle cause troppo lunghi. Una questione affrontata dal Professore e dalla leader Cgil.  Una questione sulla quale potrebbe essere coinvolta anche il ministro della Giustizia Severino.

Intanto questo mercoledì ci sarà un nuovo confronto, che vedrà come protagonisti Governo e Parti sociali che cercheranno ancora di raggiungere una non facile soluzione condivisa in una materia delicatissima sia per i notevoli risvolti economici nazionali sia per le alte aspettative di lavoratori e  cittadini dell’intero Paese.

Il modello cui il governo intende ispirarsi pare sia quello della flexicurity di stampo danese che consiste in un sistema virtuoso che tende ad assicurare ai cittadini il beneficio di un livello elevato di sicurezza occupazionale in un contesto economico in rapido cambiamento. In quest’ottica  la sicurezza e la flessibilità possono rafforzarsi reciprocamente.  Ma c’è un quid pluris che bisognerebbe mutuare dagli scandinavi: lassù esiste un cosidetto “golden triangle” composto dallo Stato, dai sindacati e dai datori di lavoro, che è capace di dare e di ricevere quanto occorre a mantenere la stabilità occupazionale per il 76% dei cittadini (al primo posto nella classifica europea) in ogni fase della loro vita, perché l’accesso a un altro impiego è garantito, soprattutto grazie al ruolo del sindacato nella gestione del sistema di orientamento e formazione. Le parole d’ordine sono flessibilità, welfare e politiche attive del lavoro.
In Danimarca la precarietà del lavoro non esiste e la mobilità che in Italia viene vista dalla maggior parte dei lavoratori con angoscia, là non spaventa perché la metà dei disoccupati trova lavoro in meno di dodici mesi.
La domanda è: può essere  recepito questo modello nel sistema socio-economico italiano?
L’argomento maggiormente scottante in questi giorni risulta essere il discorso intorno all’art. 18, del quale si intenderebbe prevedere una sospensione per alcune categorie di lavoratori; in particolare chi ha una lunga esperienza di precariato potrà avere la possibilità di passare alla stabilità accettando una prima fase di 3-4 anni in cui non sussiste il divieto per il datore di lavoro di interrompere il rapporto ex  art. 18.
La norma in questione, difesa con i denti dai sindacati come baluardo dei diritti fondamentali dei lavoratori, rischia di non reggere l’urto del mercato. Palazzo Chigi considera l'intervento su questo articolo  -  non la sua cancellazione  -  un passo decisivo per adeguare l'Italia alle nuove esigenze della globalizzazione e renderla competitiva in una fase critica per la nostra economia. In particolare l’uso che viene fatto nei Tribunali di tale norma pare che non incentivi gli investitori internazionali a vedere nell’Italia un mercato possibile. “Per come viene applicato in Italia, l'articolo 18 sconsiglia l'arrivo di capitali stranieri e anche di capitali italiani", aveva detto lo stesso Monti  lo scorso 3 febbraio.
 Un chiaro riferimento al processo del lavoro, a una giurisprudenza troppo rigida e a tempi di definizione delle cause troppo lunghi. Una questione affrontata dal Professore e dalla leader Cgil.  Una questione sulla quale potrebbe essere coinvolta anche il ministro della Giustizia Severino.
Intanto questo mercoledì ci sarà un nuovo confronto, che vedrà come protagonisti Governo e Parti sociali che cercheranno ancora di raggiungere una non facile soluzione condivisa in una materia delicatissima sia per i notevoli risvolti economici nazionali sia per le alte aspettative di lavoratori e  cittadini dell’intero Paese.