8 Marzo: a che punto siamo nel superamento delle diseguaglianze di genere?

di Ornella Esposito

Oggi, 8 Marzo, si celebra la Festa internazionale della donna. Un’occasione in più per fare il punto della situazione sulla condizione delle donne riguardo a due tematiche importanti: il lavoro e la violenza. (Ornella Esposito)

8marzo22 Trasformata in ricorrenza retorica e consumistica, almeno in alcune delle sue declinazioni, la Giornata internazionale della donna deve essere invece motivo di riflessione sulle conquiste raggiunte, e su quelle ancora da raggiungere, troppe, da parte delle donne.

Il termine che, dati alla mano, tristemente prevale parlando della condizione della donna è diseguaglianza.

Il Rapporto dell’ONU World's Women 2010”, informa che si sono registrati progressi della condizione femminile nell’ambito dell’istruzione, della sanità, della partecipazione economica e alla vita pubblica, tuttavia, sono da considerarsi ancora insufficienti per colmare le disparità.

Stando al Rapporto, «gli stipendi percepiti dalle donne si aggirano tra il 70 e il 90% di quelli dei maschi che ricoprono lo stesso ruolo», inoltre le donne «raramente ricoprono posizioni di un certo rango, potere e autorità».

Per non parlare della maternità che continua a «rappresentare una fonte di discriminazione sul lavoro. Nonostante le leggi in materia, molte donne incinte ancora oggi perdono il lavoro e le cause contro licenziamenti intimati durante la gravidanza sono frequenti».

Riguardo al tema delle violenze, il Rapporto stima che le donne vittime, almeno una volta, di violenza fisica oscillano tra il 12 ed il 59%, a seconda di dove vivono, e le mutilazioni genitali femminili, sebbene in lieve calo, rappresentano ancora un fenomeno estremamente drammatico in tutto il mondo.

Nel nostro Paese, non è una novità, le donne arrancano. Secondo il Rapporto Annuale 2010 dell’Istat, «la crisi ha aggravato i problemi strutturali relativi dell’occupazione femminile,in particolare in tema di qualità del lavoro. Sono aumentati i fenomeni di segregazione verticale e orizzontale».

Nell’anno 2010, alla caduta dell’occupazione femminile qualificata si è aggiunta anche quella non qualificata, ed un lavoratore temporaneo su due, cioè con contratto a tempo determinato o di collaborazione, è di sesso femminile.

Ma il dato raccapricciante, in base all’indagine multiscopo Istat, “Famiglie e soggetti sociali”, è il seguente: «Nel 2009 più di un quinto delle donne con meno di 65 anni che lavorano o che hanno lavorato dichiara di aver interrotto (temporaneamente e/o definitivamente) l’attività lavorativa nel corso della vita a seguito del matrimonio, di una gravidanza o per motivi familiari di altra natura».

E ancora, secondo i risultati Istat dell’indagine multiscopo, “Uso del tempo”, «oltre la metà delle interruzioni dell’attività lavorativa per la nascita di un figlio non è il risultato di una libera scelta da parte delle donne. Nel 2008-2009, infatti, circa 800 mila madri hanno dichiarato che nel corso della loro vita lavorativa sono state licenziate o sono state messe in condizione di doversi dimettere in occasione o a seguito di una gravidanza».

In poche parole, i cosiddetti carichi familiari gravano soprattutto sulle spalle delle donne costrette, loro malgrado, a dover rinunciare al tempo per sé e all’autonomia economica. Ed è proprio l’assenza di reddito, uno dei motivi principali che fanno desistere le donne dal denunciare i partner violenti, rendendole prigioniere delle mura domestiche.

I dati sulla violenza alle donne dell’ultima ricerca Istat, riferiti all’anno 2006, sono allarmanti: «6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età considerata). 5 milioni hanno subito violenze sessuali (23,7%), 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%). Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%)», e ancora «la violenza fisica è più di frequente opera dei partner (12% contro 9,8%), l’inverso accade per la violenza sessuale (6,1% contro 20,4%) soprattutto per il peso delle molestie sessuali».

C’è ancora molto da fare nel nostro Paese, i dati lo confermano. Intanto, oggi, ingresso gratuito alle donne in tutti i musei, ville, aree archeologiche e biblioteche del Belpaese. Quante ne approfitteranno? Difficile rispondere. Come suona il ritornello di una celebre canzone di Bob Dylan: “the answer, my friend, is blowing in the wind”.