La città senza (co)scienza

di Enrico Tommaselli

L'opinione di Enrico Tommaselli su Città della Scienza.

la-scienza-in-fiamme Ho un’istintiva ripulsa, per le teorie complottarde: proprio non mi riesce di credere che la Storia sia fatta da pochi e nell’ombra, mentre i più che si muovono alla luce del sole non sono che inconsapevoli pedine. Il che ovviamente non vuol dire che non creda vi siano forze oscure, che prediligono un’agire discreto, dissimulato. Abbiamo ben presente nella nostra memoria collettiva la lunga stagione delle stragi, la P2, le grandi holding del crimine che sui nostri territori hanno messo radici, per non sapere che queste forze esistono ed agiscono. Credo però che siano solo uno degli attori che si muovono sulla scena; e non necessariamente il più forte, o il più intelligente.

Ciò nonostante, di fronte a fatti incontrovertibili, non mi posso esimere dal pormi alcune domande.
Nella serata del 4 marzo 2013, un incendio – che ragionevolmente può ritenersi doloso – ha distrutto l’area lato mare della Città della Scienza, a Bagnoli. La condanna è stata forte ed unanime, così come pressochè unanime è stata l’indicazione della camorra come autrice del gesto.
Io non ho francamente elementi per stabilire se sia effettivamente così o meno. Ed a fronte di un fatto così grave – e doloroso, e gravido di conseguenze – preferisco tenermi lontano dalle facili equazioni dietrologiche. Certo, è un atto criminale, non soltanto in sé ma anche per le modalità attuative. Ed è possibile, forse anche probabile, che clan camorristici abbiano avuto parte nella esecuzione dell’attentato.
Ma non mi interessa il gioco del cui prodest; tanto più che, come è stato subito detto, quell’area è fortemente vincolata dal Piano Regolatore. Scoprire chi e perchè, sarà compito delle inchieste: quella della magistratura e, mi auguro, quelle dei giornalisti. A loro il compito di alzare il velo che, al momento, avvolge le ragioni del misfatto, aiutandoci a comprenderne le trame e (speriamo in tempi brevi) ad identificarne e punirne i responsabili.
A me interessa piuttosto un’altra domanda.
Perchè adesso.

Non credo sia casuale, che questo attacco frontale alla città, accada ora. Chiunque siano i mandanti, non avranno scelto il momento con leggerezza. Ma, ancora una volta, non mi interessa quel genere di esercizio speculativo. Quel che mi interessa, è ciò che questa sfrontatezza dicedi noi.
Le fiamme dell’incendio di Bagnoli possono infatti gettare un lampo di luce sulla condizione odierna di Napoli, i suoi bagliori restituircene un’immagine di cui – forse – non c’è piena consapevolezza.
A me sembra del tutto evidente che questa aggressione avviene ora, perchè è ora che la città è debole.
É debole politicamente, perchè la sua amministrazione annaspa tra una drammatica crisi finanziaria, che fatica a gestire, ed un’altrettanto drammatica crisi di idee. Una debolezza acuita dalla scelta scellerata di investire su un esperimento politico fallimentare, che oltretutto proprio in città ha mostrato tutta la sua inconsistenza.
E lo è anche perchè si è alienata ogni interlocuzione istituzionale, se non quella con il Governatore Caldoro – un’altro che a malapena galleggia, sulla palude delle faide che dividono il centro-destra campano.
É debole socialmente, perchè l’impoverimento erode quel po’ di civismo che ancora poteva rintracciarsi, acuisce il rancore ed approfondisce le divisioni di classe.
Ed è debole culturalmente, perchè la disattenzione pubblica verso le questioni artistiche e culturali è profonda, e ne sta producendo il progressivo impoverimento. Una debolezza che ha cominciato a manifestarsi già tempo addietro, quest’ultima, quando le istituzioni culturali sono diventate terreno di scontro politico, ma che ha segnato il giro di boa con il saccheggio della biblioteca dei Gerolamini, attuato nella convinzione d’impunità che deriva dal clima d’assenza istituzionale.

La realtà è che questa città ha smarrito il senso di sè; nella duplice accezione di significato e di direzione. Non sa più cos’è, né dove sta andando.
Si è fatta fiaccare nello spirito, ha reagito al degrado con l’indifferenza invece che con l’indignazione, al declino con la rassegnazione piuttosto che con la rivolta.
Ancora non sappiamo qual’è il grumo di interessi e di cattiveria, che sta dietro le mani che hanno innescato l’incendio – e dietro le menti che l’hanno voluto. Non sappiamo cosa immaginassero di ottenere, da questasfida. Quel che serve sapere, però, e che non basterà difendere dalla speculazione quello scheletro di pietra annerita. Non basterà salvaguardare i posti di lavoro, non sarà sufficiente ricostruire nel più breve tempo possibile. E già tutto questo non sarà facile, e richiederà tempo.
Ma se non sapremo riprendere in mano le fila del nostro destino, se non ricostruiremo un senso diappartenenza – alla città e della città – la sfida lanciata da quest’anima nera che si annida nel cuore di Napoli, sarà vinta.
É l’unico modo che abbiamo, per sanare quest’ultima ferita, e tutte quelle precedenti. Ingaggiare una battaglia senza quartiere e senza tregua. Perchè sia chiaro che possono bruciare la Città della Scienza, ma la coscienza della città non può andare in fumo con essa.
Come disse John Fitzgerald Kennedy, “Non chiedete cosa possa fare il paese per voi: chiedete cosa potete fare voi per il paese”.
Questo è il momento.