Dylan Thomas, dalle profondita’ dell’essere alle radici del mondo la leggenda della sua poesia

di Anna Laudati

L’opera dell’artista gallese descritta attraverso il suo genio.  Dylan Thomas è riuscito a trasformare tutto ciò che lo sfiorava in mito e questo, più di ogni altra cosa, rende l’esatto valore delle sue opere: un’arte che non deve essere compresa, soltanto vissuta. (Vinicio Marchetti)

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Non potrebbe essere più arduo, per me, descrivere la poesia e la leggenda di Dylan Thomas. Un talento così grande, avvolto da un fascino tanto forte quanto cupo. I suoi versi, ipnotici e visionari, sono stai in grado di tiranneggiare la letteratura moderna e la sua mastodontica personalità ha saputo trasportarlo al successo mondiale, ben al di fuori di Swansea, paese del Galles di neanche duecento anime in cui il poeta era nato.

Ed è la lirica, appunto, la principale corrente artistica ad aver consegnato Thomas alla storia, ma non la sola. I suoi racconti, infatti, si distinguono dalla poesia in maniera universale. A differenza del tratto buio e opprimente dei suoi versi, il suo linguaggio narrativo si fa scorrevole, scherzoso, a tratti irriverente, quasi a voler rivelare l’alleggerimento artistico e il distacco da quell’ideale in cui amore e morte rappresentano l’unica e dominante tensione poetica.

L’opera che più di ogni altra esemplifica tutto questo è “Una storia”, un racconto sublime capace di trasmettere tutta la rabbia e il sapore dolce dell’artista gallese. Una metrica così feroce da regalare l’illusione che le parole tremino per il vibrare.

La voce di Dylan Thomas non poteva essere confrontata con nessun’altra. Le sue poesie sapevano descrivere l’infinito in una maniera tale da rendere impossibile la comprensione in un solo passo. Era come incrociare un elefante al buio: potevi sfiorare una zampa e descrivere soltanto questo, oppure urtarne la pancia e credere che fosse quella, in realtà, l’unica frazione.

La celebre poetessa e saggista inglese, Edith Sitwell, in una sua famosa recensione, lo descrisse lasciando il passo ai suoi versi, mai scelta si rivelò essere più esatta:

“lo spirito è quello dell'origine delle cose create; non v'è qui traccia d'immaginazione separata, di sovrastruttura. Dalle profondità dell'essere, dalle radici del mondo, una voce parla. Avrebbe potuto, non v'è alcun dubbio parlare di sé quando scrisse questi versi".

Io, in un vento di fuoco, dalla verde
culla di Adamo.

Nessun uomo più magico...
Per lui come per Bohème, il seme
nell'albero è segno della divinità.
egli amò e glorificò
la forza che
attraverso il vento calamo
sospinge il fiore.
e
...animali densi come ladri
Sulle rotolanti aspre terre di Dio.

Come potrei io, in questo momento, riuscire a decantare quanto la narrativa ha celebrato (mai abbastanza) nel corso della sua storia? Dylan Thomas è riuscito a trasformare tutto ciò che lo sfiorava in mito e questo, più di ogni altra cosa, rende l’esatto valore delle sue opere: un’arte che non deve essere compresa, soltanto vissuta.