RUMORE di ACQUE del Teatro delle Albe di Ravenna. In scena gli eroi del nostro tempo. L’immigrazione e gli sbarchi a Mazara

di Anna Laudati

In epoca di partenze, sbarchi e approdi disperati, l’arte diventa un modo per unire popoli, culture e religioni. E il teatro, più che mai, rappresenta un ponte, una testimonianza diretta e uno strumento per avvicinare e far conoscere. (Paola Pepe)

a_Rumore_di_acque Reduce da una lunga tournée in tutta la penisola, il 20 maggio 2011 sul palcoscenico del Teatro della Società di Lecco, una delle più importanti compagnie teatrali italiane, si fa portavoce di un racconto potente e graffiante. Con le musiche originali eseguite dal vivo dai Fratelli Mancuso, in scena RUMORE di ACQUE del Teatro delle Albe di Ravenna, gruppo abituato da sempre a lavorare nelle periferie  mentali e geografiche della contemporaneità, prima a Scampia (celebre il lavoro di Marco Martinelli col progetto Punta Corsara) e poi a Mazara del Vallo, terra di frontiera.

Proprio lì, infatti, le Albe hanno costruito due spettacoli  molto simili ma anche molto diversi: Cercatori di tracce che ha coinvolto 60 bambini tra tunisini e italiani su un testo di Sofocle e Rumore di acque che disegna un contorno più cupo e noir sul tema dell'immigrazione.

Rumore di acque è la seconda tappa del progetto Ravenna-Mazara 2010, a cura di Marco Martinelli, Ermanna Montanari e Alessandro Renda, che sceglie Mazara come simbolico punto di partenza per un affresco sull'oggi. Proprio a questo, infatti, allude il titolo, oltre che alle due città in cui si sono state presentate le opere, città segnate nella loro storia millenaria dalla presenza del mare.

Lo spettacolo è “[…] un oratorio per i sacrificati, dice Martinelli […] siamo stati catturati dalle storie di questi eroi del nostro tempo. Persone che partono dal deserto e subiscono ogni tipo di angheria, spesso finiscono in carcere in Libia o tentano la traversata nel buio".

L'immersione nella realtà di Mazara, ha restituito racconti di fuga, migrazione ed esilio. Storie strazianti di violenza, tortura e guerra, dunque. Storie che la Montanari e Martinelli hanno riscritto ambientandole su una fantomatica isoletta tra Europa e Africa dove un generale, unico abitante, continua instancabilmente a fare conti: scafisti, gommoni, barche di fortuna, disperati, naufraghi, morti. Tanti morti. Migliaia.

Numeri a più cifre che si perdono nello sproloquio che il generale (il bravissimo Alessandro Renda) rivolge ad un fantomatico ministro dell’inferno e che altro non è che un’agghiacciante statistica. Rumore di acque è solo una delle tante storie di cui lentamente si perde memoria. E’ l’attualità della Storia che si ripropone e offre uno spunto di riflessione. Come solo il teatro può fare.