“La bellezza e l’inferno”, Saviano aggiusta il tiro e ne ha per tutti

di Vinicio Marchetti

Lo scrittore napoletano non appare per nulla debilitato dal successo di Gomorra, anzi, prima di ripartire di slancio compie qualche passo indietro per raccogliere tutti i suoi lavori compiuti. Il risultato è un’opera rabbiosa ma con tratti anche dolci e nostalgici, un libro irrinunciabile per tutta quella gente che non ha mai smesso di essergli accanto. (Vinicio Marchetti)

la_bellezza_dellinferno._copertina È un saggio tanto quanto un manipolo di storie di vita. Può essere un reportage di prima lettura come un nucleo di recensioni. Stiamo parlando di “La bellezza e l’inferno” di Roberto Saviano, edito da Mondadori 2010. Lo scrittore napoletano, probabilmente, non riesce nell’intento di ripetere l’impresa che fu Gomorra, ma di certo la sua penna non appare per nulla appagata. La sua seconda opera è una raccolta di tutti i suoi scritti apparsi su riviste e quotidiani tra il 2004 e il 2009, in altre parole, nel pieno di quel ciclone mediatico che è stato Gomorra.

I protagonisti di La bellezza e l’inferno sono i “maestri” che hanno fatto di Saviano il simbolo che ora incarna da fiero cavaliere eretto a contrasto di quella fetida melma schiumosa che è il Sistema.

A cominciare dall’indimenticato Giancarlo Siani. Giovane giornalista del Mattino ucciso dal clan Gionta nel 1985 perché aveva avuto l’ardire di denunciare la Camorra e le sue affiliazioni politiche a Torre Annunziata. Pioniere, se vogliamo, di quella corrente di pensiero che ha smascherato l’ideale camorristico, portando alla luce il lato imprenditoriale e diplomatico di questo cancro.

Ci sono i documenti su Vollmann, Herr, Isaac Singer e Johnson e con ferma idea che uno scrittore non debba mai disunire la padronanza dal racconto e che sappia sempre "raccontare con il senso di colpa di non poter mutare le cose e con la speranza che l’indiretta azione passa in realtà nelle coscienze e nelle visioni dei suoi lettori".

E poi ancora quella inesauribile voglia di denunzia nei confronti della Mafia degli sciacalli. Coloro che non attendono altro che di avvolgere il piccolo Abbruzzo nei loro tentacoli. Così come già successe in Campania negli anni ottanta, così si ripeterebbe all’Aquila.

Saviano, anche nel suo secondo lavoro, alimenta la sua, come la nostra, sete di verità e di giustizia. Ci parla dei suoi sogni-ideali divisi tra la “bellezza”, imprescindibile per chi scrive e vive, e il suo nemico: l'"inferno" del male e della contaminazione, ancora troppo radicato e potente per poter anche solamente sperare in un cambio di rotta. Lo scrittore ha saputo dimostrare al mondo intero quello che, da sempre, vive sulla sua pelle e testimonia con i suoi scritti. Affermare sempre e incessantemente a favore della certezza. Dare fiducia alla parola in quanto unica arma a disposizione per scardinare il potere.

Essere portavoce che “la verità, nonostante tutto, esiste”.