Afghanistan. La “Macro” rivincita delle donne grazie al microcredito

di Anna Laudati

La fondazione Pangea, dal marzo 2003, con il progetto Jamila, opera a Kabul, dove ha attivato un circuito di microcredito, affiancando altri servizi di tipo finanziario e sociale in collaborazione con alcune ONG locali femminili. (Gerarda Pinto)

progetto_jamila_kabul

Le donne coinvolte in questo progetto vivono particolari situazioni di marginalità economica e/o sociale, e hanno tutte l’intenzione di ricostruire la vita loro e quella del loro nucleo familiare grazie alle loro abilità lavorative o idee di microimpresa. Le beneficiarie del frequentano corsi di alfabetizzazione, aritmetica, diritti umani, igiene e salute riproduttiva. Al termine del percorso formativo, le donne ricevono un microcredito dall’entità variabile (da un minimo di 150 a un massimo di 400 Euro) che consente loro di avviare un’attività generatrice di reddito. 

Maryam è una donna di 38 anni che vive con il marito e i suoi 7 figli a Kabul. La sua storia è simile a quelle di tante altre donne come lei: una famiglia numerosa, il lavoro precario del marito, i suoi lavori di cucito che non riuscivano a risollevare le economie familiari. Maryan è anche una brava cuoca, specializzata nella salamoia. Lo staff di Pangea ha creduto nelle sue capacità ed ha deciso di accettare la sua richiesta per un microcredito:8000afghani, equivalenti a circa 140 euro, grazie ai quali ha potuto comprare tutto l’occorrente per produrre la salamoia e un carretto con il quale il marito poteva portarla poi al mercato per rivenderla con buoni guadagni. Hanno entrambi lavorato molto duramente anche per riuscire a mantenere i 7 figli.

Per migliorare l’attività commerciale Maryam ha chiesto altri due microcrediti di 13.500 e 20.000 afghani – in totale circa 600 euro – che ha utilizzato per acquistare nuova merce da vendere sul carretto, insieme alla salamoia, prevalentemente frutta e verdure. È già oltre un anno che Maryam ha restituito il terzo microcredito e ora le condizioni della sua famiglia sono molto migliorate: il guadagno giornaliero è di circa 300 afghani, poco più di 5 euro che sono fondamentali e utili per mandare avanti una famiglia come quella di Maryam, che non vuole fermarsi perché sa che le cose possono ancora migliorare e ha intenzione di chiedere un quarto microcredito per assicurare a ognuno dei suoi figli un futuro certo e sereno.

Più dura e drammatica è la storia di Laila, una delle attuali responsabili del progetto Jamila, in Afghanistan. Circa 8 anni fa, prima di incontrare lo staff di Pangea, si prostituiva per sfamare i suoi figli. Vendeva il suo corpo a uomini pur di sfuggire alla “miseria”, rischiando di essere denunciata.
Oggi Laila ha imparato a leggere e scrivere, ha imparato un lavoro, manda i suoi figli a scuola, ha comprato casa ed ha piantato le rose.

Laila, assieme ad altre migliaia di donne in Afghanistan, India e in Africa è riuscita a realizzare il suo progetto di vita, grazie al microcredito che vuol dire ascolto, accoglienza e accompagnamento non un piccolo prestito.

Più emblematico è la funzione del microcredito nei Paesi dove le donne sono violate, sottomesse, ghettizzate, colpevolizzate e accusate di peccato senza commettere errori, macchiate dalla nascita, predestinate a una vita all’ombra dei padri, dei mariti, dei figli maschi.

Offrire loro una possibilità, forse l’unica della loro vita, consente di riscattarsi, di imparare, prima di tutto, i propri diritti in quanto “essere umano”, di apprendere un mestiere e diventare così il perno del nucleo familiare. L’istruzione le plasma, non solo come soggetti capaci di produrre e risollevare l’economia ma come “donne”, con un grande patrimonio innato, non solo allattatrici di prole ma educatrici, non solo inservienti ma partner con capacità decisionali, capaci di amare, crescere e affermarsi, ritagliandosi il loro posto in un mondo che non le rispetta.