Sei capace di fare l"immigrato? L'iniziativa:"Feel like a Migrant"

di Anna Laudati

Il progetto è rivolto in modo particolare ad operatori in ambito pedagogico (di Andrea Sottero)

 

logo_flam_rgb.jpgQuante volte sentiamo insegnanti, formatori e politici parlare di società multiculturale,  delle opportunità e dei problemi che essa comporta, nonché  di soluzioni più o meno preconfezionate per fronteggiarli. Poiché dubitare ed essere scettici è spesso il modo migliore per trovare nuove idee ed essere propositivi, il progetto “Feel like a Migrant” potrebbe costituire un’ottima opportunità di mettersi alla prova per coloro che vogliono capire meglio lo scenario, in prima persona, senza il filtro irremovibile di ciò che è già stato detto e formalizzato sull’argomento, e, soprattutto, con la duplice prospettiva di chi si trova ad accogliere e a dover integrare gli stranieri e gli immigrati stessi.

Perché, come spesso succede, posizionarsi al di là della staccionata per guardare -in primis- ai problemi del quotidiano con gli occhi di  chi è catapultato in un mondo che non conosce, riesce a mettere in evidenza quali siano davvero le situazioni difficili, le piccole difficoltà a cui raramente si pensa e si guarda con attenzione, ma che riescono a rendere la convivenza reciproca e l’integrazione così difficili da gestire. Il progetto è rivolto in modo particolare ad operatori in ambito pedagogico -scolastico ed extrascolastico- e mira a sviluppare, in chi prenderà parte ai lavori, strategie di interazione che vadano al di là dei percorsi strutturati in letteratura e che prevedano, invece, un approccio plasmato sul contesto di riferimento. L’iniziativa è gestita da una serie di organizzazioni governative e non governative, tra cui anche università e istituti di ricerca, disseminati in tutta Europa (l’ultima ad essersi unita è l’Associazione delle Università Popolari Svizzere), che lavorano in partnership e che organizzano dei workshop coordinati da personale che lavora a stretto contatto con comunità di immigrati e in realtà socio culturali difficili.

I lavori si articoleranno sulla base di casi studio, nei quali i partecipanti saranno chiamati ad interpretare direttamente il ruolo dell’immigrato, in situazioni nelle quali si generano normalmente malintesi e tensioni nel rapporto con le strutture locali alle quali gli immigrati –per scelta o per obbligo- si rivolgono. Cercare un lavoro, un’abitazione, essere lontani dalla famiglia in una società basata su paradigmi culturali quasi sempre profondamente diversi da quelli di origine, sono alcune tra le sfide che chi parteciperà al progetto pilota si troverà a dover fronteggiare. Senza dimenticare, naturalmente, lo scoglio linguistico: durante i lavori, ad esempio, verranno utilizzate due lingue (la lingua madre e una straniera), per rendere la simulazione quanto più possibile vicina al vero. Interessante è il fatto che a prendere parte ai workshop saranno anche alcuni immigrati nel loro “reale” ruolo persone che devono apprendere: troppo facile, infatti, sarebbe immedesimarsi nell’altro, senza l’apporto diretto, in itinere, di testimonianze vissute.

I lavori termineranno con la realizzazione di un manuale che raccoglierà le esperienze maturate e le metodologie che hanno dato i migliori risultati, a beneficio innanzitutto di chi si troverà a lavorare come formatore in realtà di questo tipo. Si spera senza mai dimenticare che non vi si troveranno soluzioni pronte all’uso, ma “best practices” da cui trarre elementi utili al caso specifico.