Dal trattato di Lisbona alle proposte di legge dei cittadini
C’è chi dice che si intravedono all’orizzonte i primi segnali di una ripresa economica dopo gli ultimi mesi di crisi globale (di Andrea Sottero)
Tutti, però, sono concordi nell’affermare che gli scenari che si prospettano sono completamente mutati rispetto a quelli che avevamo imparato a conoscere negli ultimi 20 anni. Il cambiamento era già nell’aria prima della crisi, ma gli avvenimenti economico-finanziari degli ultimi mesi hanno indubbiamente accelerato il processo. Sul fronte dei rapporti politico-economici internazionali il peso dei Paesi del BRIC (come già prevedeva con una stima per difetto nel 2001 Jim O’Neill nella sua relazione per Goldman Sachs) è diventato determinante per ridefinire gli equilibri dei prossimi decenni.
Il peso economico di Brasile, Russia, India e Cina non è solo misurabile in termini di aumento del PIL, ma della capacità di questi Paesi di generare i presupposti strategici per un loro ruolo sempre più da protagonisti nel medio lungo termine. E’ opinione di molti che gli Stati Uniti abbiano contemporaneamente intrapreso la strada del declino, tanto sul piano economico che sul piano politico, e in Europa si fa strada l’idea che il Vecchio Continente debba sfruttare l’occasione per accrescere il suo ruolo di garante e di riferimento economico e istituzionale sul piano globale. C’è un problema, però, che al momento non sembra ancora risolto: parlare di Stati Uniti d’Europa va di moda, ma la sostanza è che quel modello di federalismo comunitario è lontano dall’essere raggiunto. E’ garantita, infatti, la libera circolazione di merci e persone all’interno dell’Unione, ma se la circolazione delle merci è stato il traino per l’evoluzione –almeno in termini ideali- della Comunità, la circolazione delle persone, per ora si è limitata per lo più al settore turistico, mentre sul fronte lavorativo e professionale la strada pare ancora lunga. Ma è soprattutto sul fronte politico che l’integrazione sembra avere le maggiori difficoltà. La burocrazia che negli anni si è implementata a livello europeo rischia di fare impallidire persino quella vecchio stampo del nostro Paese. I risultati concreti, tuttavia, sono piuttosto deludenti.
Quel che è peggio –e i burocrati sembrano averlo finalmente intuito- è che per cambiare le cose, purtroppo, non basta migliorare le istituzioni. Al più tale passaggio si prospetta come una “conditio sine qua non” per il rinnovamento. Il raggiungimento dell’obiettivo di creare un soggetto politico che possa mirare ad avere un peso significativo a livello internazionale, passa inevitabilmente attraverso una maggiore consapevolezza dei suoi cittadini. Fallito, per ora, il tentativo di avere una costituzione a livello europeo che getti innanzitutto le basi per un sentimento condiviso di appartenenza, i decisori europei non si sono fermati. Il trattato di Lisbona –che forse non ha avuto il risalto meritato sugli organi di stampa- è entrato in vigore alla fine dello scorso anno. Tra i punti dell’accordo, è specificato che l’organo legislativo comunitario, vale a dire la Commissione, “ha l’obbligo formale di considerare le proposte dei cittadini”. Proprio in questi giorni a Bruxelles si stanno definendo i dettagli di quella che sarà l’iniziativa dei cittadini. L’auspicio della Commissione è di riuscire a raggiungere un accordo definitivo sulle modalità di attuazione di questo punto del Trattato entro la fine dell’anno, in modo tale che le prime iniziative dei cittadini possano essere presentate nel 2011. Il progetto che si sta vagliando prevede che a presentare l’iniziativa sia almeno un milione di abitanti appartenenti a un terzo degli Stati membri e che il numero di firmatari per ogni Stato sia proporzionale alla sua popolazione.
La commissione inizierà ad esaminare l’ammissibilità dell’iniziativa una volta raccolte 300000 firme in almeno tre Stati membri. Sono allo studio le modalità con cui dovranno essere raccolte le firme e le tempistiche da rispettare: per ora si parla di un anno per la raccolta delle sottoscrizioni e 4 mesi di tempo concessi alla Commissione per esaminare l’iniziativa. I buoni propositi sono innegabili, ma il dubbio sorge spontaneo: assodato che non sarà uno strumento agile, sarà almeno efficace?