"Web e tradizione insieme per aiutare i giovani a partecipare". Intervista a Marco Scurria

di Katia Tulipano

L'europarlamentare coordinatore PPE in Commissione Cultura del Parlamento Europeo racconta  a Serviziocivilemagazine le sfide dell'Europa sulle politiche giovanili. (Katia Tulipano) 

 MARCO-SCURRIA Si afferma che la crescita dell’Unione Europea passa attraverso lo sviluppo del capitale umano, in primis dei giovani. Quale la sua opinione sull’azione degli stati europei in materia di politiche per i giovani?
Lo scenario è molto variegato, caratterizzato da politiche diverse a seconda degli Stati membri. Di sicuro possiamo dire che nonostante questo tema sia di competenza dei singoli Stati, l’Unione Europea ha comunque fatto dei decisivi passi in avanti mettendo le politiche per i giovani nella strategia dei prossimi 10 anni. Per quanto riguarda il nostro Paese, penso che il Ministro Meloni anche per la sua giovane età, ha dato un impulso importante per far capire quanto sia centrale il tema delle politiche giovanili.

La campagna Cittadini 2.0 punta a valorizzare gli strumenti di comunicazione giovanile. Come valuta la scelta di Amesci di utilizzare gli strumenti social per stimolare la partecipazione dei giovani? Possiamo considerare questo progetto una best a livello europeo?
Penso che oggi il ruolo del web sia notevolissimo nella formazione della coscienza civica dei giovani che, attraverso questo strumento, possono apprendere tutto, a volte anche cose non corrispondenti a verità, ma questa è una regola del mondo! Sono comunque convinto che non ci si possa limitare solo al web, ma soprattutto ai più giovani debba ancora essere riconosciuta la possibilità di assaporare le forme tradizionali di partecipazione, che non possono essere definitivamente abbandonate. Quanto alla Campagna Cittadini 2.0 promossa da Amesci, trovo che sia un progetto molto importante e non è un caso che verrà presentato a Bruxelles diventando un elemento di riferimento per le politiche degli altri Stati ed anche dell’Unione Europea.

Come sottolinea la ricerca presentata oggi si delinea sempre più definitamente il binomio tra partecipazione on-line e mobilitazione off-line. In questa cornice rimuovere il digital divide diventa sempre più importante per l’affermazione di democrazie partecipate. Cosa sta facendo l’Europa in questa direzione?

Grande è l’attenzione dell’Unione Europea su questo tema proprio perché la possibilità di accedere a tutti i mezzi di informazione è diventato un vero e proprio diritto e un presupposto imprescindibile per l’attuazione della personalità dell’individuo perché dà la possibilità di creare lavoro, di tutelare i soggetti più deboli, di creare formazione.

In Italia dobbiamo migliorare ancora molto: ci sono troppe zone della nostra nazione che non sono raggiunte neanche dai più elementari servizi informatici e su questo stiamo lavorando, al fine di colmare questa lacuna che crea disuguaglianza a livello sociale. Una delle sfide che ci siamo posti è l’informatizzazione della fascia dei più anziani perché questi soggetti, attraverso il sistema digitale in tutte le sue forme, potrebbero migliorare la loro qualità della vita.