Cooperativa Sociale “Il Quadrifoglio”, giovani che lavorano per i giovani

di Claudia Capece

Intervista a Fabio Forlani, un ragazzo di 25 anni, educatore sociale della Cooperativa Sociale Il Quadrifoglio. (Claudia Capece)

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Nel 1990 nasce la Cooperativa Sociale “Il Quadrifoglio”. Fu fondata da un gruppo di giovani provenienti da diverse esperienze personali e professionali ma accomunati da uno stesso sogno e dal progetto comune di poter creare un futuro diverso, un futuro migliore.

Da ormai vent’anni la Cooperativa si occupa di realizzare progetti di ricerca, formazione ed interventi operativi nel campo della marginalità e del disagio giovanile.
Giovani che lavorano per i giovani.

Dare una posizione di centralità e priorità ai cittadini più deboli”: è questo il principio su cui la Cooperativa fonda la propria attività.

Nel corso degli anni la Cooperativa Sociale “Il Quadrifoglio” ha costantemente cercato di rinnovare ed alimentare il legame con il suo territorio, creando reti di solidarietà in grado di attivare le risorse disponibili, per una migliore efficacia nell’intervento sociale.

I risultati raggiunti in questi anni nel campo delle politiche sociali testimoniano l’impegno, la forza e la dedizione di questi ragazzi. Non parliamo dunque di giovani che non studiano, che non lavorano, di giovani apatici, senza obiettivi precisi, o di persone che non vogliono crescere e non vogliono prendersi le proprie responsabilità; parliamo bensì di ragazzi che si impegnano, di ragazzi che quotidianamente cercano di contribuire ad una speranza, ad un obiettivo: quello di aiutare i più deboli ed in particolare aiutare altri ragazzi come loro ma meno fortunati.

Abbiamo intervistato uno di questi giovani: Fabio, un ragazzo di 25 anni attualmente educatore sociale della Cooperativa Sociale “Il Quadrifoglio”.

Ciao Fabio, raccontaci un po’ che cos’è la Cooperativa Sociale “Il Quadrifoglio”, e di cosa vi occupate.
La Coop. Sociale “Il Quadrifoglio” si occupa da ben 20 anni di ricerca formazione ed interventi nel campo del disagio giovanile, con una particolare attenzione a quella che è la dimensione minorile.

Qual è il tuo ruolo nella cooperativa e quanto questo lavoro ha cambiato la tua vita?
Io sono un Educatore Sociale, e mi occupo in maniera operativa dei minori con disagi di qualunque genere, dal disagio effettivo di socializzazione, al disagio familiare (separazioni in casa, divorzi, maltrattamenti) oppure disagi dovuti a patologie (autistici, poca capacità cognitiva o altro.). Oltre a fornire un approccio specifico in base al soggetto, fornisco un supporto anche di tipo scolastico, mantenendo contatti con i SST ( Servizi Sociali Territoriali), dove periodicamente stendo rapporti su casi che ci vengono segnalati dalle Scuole, dai Genitori, o dagli stessi SST. Tendo a precisare che l’educatore lavora SEMPRE in gruppo.
Ho cominciato questo lavoro per una pura casualità, e da quel momento è stato un continuo aumento di passione, questo è uno dei classici lavori che non puoi fare “ a tempo perso”, ci sono troppe responsabilità in gioco.
L’elemento che ti cambia la vita sono coloro per cui lavori, ossia i bambini, che ti vedono come il loro perno, i loro punto di riferimento, in quanto la maggior parte di essi non ne hanno al di fuori.
Credo che questo basti a far capire quanto possa essere emotivamente forte questo lavoro.

Vi occupate anche di volontariato?
Sì, abbiamo volontari sparsi per le nostre educative che vanno dal diplomato al laureato, e svolgono compiti che possono andare dal supporto agli educatori a funzioni specifiche, come osservazione dei comportamenti dei bambini o colloqui con gli stessi al fine di capire il perché di un determinato problema comportamentale che il minore presenta.

Che cos’è la comunità “Penale di Nisida” e cosa era la “Comunità il Ponte”?
La Comunità Pubblica Penale di Nisida è la prima misura cautelare NON detentiva prevista per reati commessi da minorenni la cui pena edittale non supera i 9 anni. Per i giovani detenuti di Nisida è un’opportunità di un riscatto sociale. “il Ponte” era semplicemente il vecchio nome della stessa, quando veniva gestita a condizione privata.

Cosa consiglieresti ad un ragazzo della tua età che vorrebbe fare qualcosa per aiutare gli altri?
Gli consiglierei semplicemente di avere tanta passione, pazienza, dedizione ma soprattutto tanta voglia di mettersi in gioco. Credo che queste siano le componenti fondamentali per svolgere al meglio questo tipo di lavoro o qualunque altra attività di impronta sociale.{jcomments on}