Nicolò Rocco: “La politica come aggregazione delle forme di interesse verso il prossimo”

di Lorenzo Quilici

Uguaglianza, solidarietà, Europa: le linee guida del giovane dirigente del Pd. (Lorenzo Quilici)

nicolo_rocco ServizioCivileMagazine ha incontrato Nicolò Rocco, segretario dei Giovani Democratici, per parlarei dl sempre crescente distacco dei giovani dalla politica e della riforma del mercato del lavoro.

Come è nata la tua passione per la politica?
Penso che la passione per la politica sia dentro a ciascuno di noi, perché la politica è una forma di relazione che abbiamo con le persone che ci circondano e con la comunità. Personalmente fino ai 18 anni non avevo mai pensato ad un impegno strutturato, andavo a scuola, giocavo a calcio, facevo teatro e volontariato. Con la maggiore età ho iniziato a pensare che da lì a pochi mesi sarei stato chiamato a votare. Erano le fasi nascenti del Partito Democratico e contestualmente si votava per il rinnovo dell’amministrazione della città in cui sono nato, in cui vivo e che amo: mi sono presentato ad un’assemblea che portava alla creazione tramite primarie del circolo cittadino del Partito Democratico. Da lì, nonostante tutte le difficoltà, la mia passione e la voglia di cambiare il mondo sono cresciute giorno dopo giorno.

Perchè molti giovani di oggi, al contrario di te, percepiscono la politica molto lontana dalla loro quotidianità?
E’ una domanda profonda. Da una parte c’è un pensiero che ha accompagnato gli ultimi decenni che si ispira ad un modello profondamente individualista. A questo penso però che la mia generazione stia già rispondendo con le crescenti forme di volontariato, con la riscoperta di tematiche sulle quali riflettere assieme (i beni comuni o la parità di opportunità su tutte). Dall’altra parte c’è una reale crisi dei Partiti che faticano ad interpretare i cambiamenti a cui noi giovani siamo più sensibili e delle Istituzioni che specialmente negli ultimi anni sono state violentate, secondo me, da voti ad personam o sulla parentela di Ruby, producendo una frattura ed un disgusto per chi si trova ogni giorno a lavorare per il proprio futuro. Credo che il compito dei giovani impegnati in politica sia aggregare tutte le forme di interesse verso il prossimo in un progetto di reale cambiamento della società partendo dalle istituzioni più vicine (i comuni) fino a quella che deve diventare la patria della mia generazione (l’unione europea).

Quali sono i tre concetti (idee, valori) che sono alla base del tuo impegno politico?
Uguaglianza intesa come parità delle possibilità di partenza e pari rispetto per ogni persona indipendentemente dalle sue condizioni, dalla sua provenienza, dai suoi orientamenti.
Solidarietà intesa come sforzo affinché il progresso, l’innovazione ed i cambiamenti siano sempre volti al benessere ed alla felicità di una comunità intera. Credo che per il centrosinistra la migliore declinazione della parola talento sia da esplicare attorno all’idea di solidarietà. Il talento è sempre orientato alla felicità, e la vera felicità è condivisa.
Europa è l’ultima parola chiave, nell’idea che la globalizzazione abbia ridotto le distanze, avvicinato le persone ed i sogni. Nel grande  orizzonte delle scelte del domani che sarà mondiale, abbiamo la necessità di pensare che l’Europa unità possa essere un riferimento per valori e crescita. La vita ed i sogni di un ragazzo o una ragazza saranno di qualcosa di sempre più legato, vivano essi in Cile, Giappone, Italia o Costa d’Avorio. Devo dire che all’idea di Europa dobbiamo associare il valore della Cultura. Solo sapendo chi siamo possiamo decidere dove vogliamo andare veramente.

Quale è il tuo giudizio sulla neonata riforma del mercato del lavoro nella parte riguardante i giovani ?
Sicuramente la parte riguardante i giovani è la meno problematica, anzi, penso sia importante che si sia iniziato a riflettere sulla regolamentazione della flessibilità in entrata. La mia generazione ha il coraggio di sentire nella flessibilità una possibilità così come viene intesa in gran parte dei Paesi coi quali ci troviamo a competere. Nessuno di noi pensa di poter iniziare a lavorare vent’anni rimanendo a fare lo stesso lavoro fino ai sessanta senza che il percorso nel mezzo sia dinamico. Chi difende chi è entrato nel mercato del lavoro con queste condizioni fa il suo mestiere e la riforma è inaccettabile se crea anche una sola condizione di povertà o esasperazione, ma quella visione del lavoro per le nostre generazioni è insostenibile e non rientra nelle possibilità di un mondo che cambia alla velocità della luce. Piuttosto la vera sfida sta nel “deprecarizzare” la flessibilità regolamentandone i contratti di inserimento, tenendo presente che non si può essere flessibili a vita e che dopo una certa età la flessibilità dovrebbe essere una scelta, infine costruendo attorno alla questione lavorativa un welfare integrato e sostenibile per quanto riguarda la previdenza ed il principio europeo della formazione e dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (Long Life Learning).