Atreju e Festa Nazionale GD: i giovani in campo per costruire Politica

di Francesco Gentile

In corso a Roma le Kermesse dei giovani impegnati in politica. (F.G.)

atreju_giovani_democratici Settembre è tradizionalmente il mese delle feste di partito, dei dibattiti, dell’avvio della stagione politica. 

Da qualche anno a questa parte il panorama politico si è però arricchito di altri due appuntamenti, tendenzialmente poco noti al grande pubblico ma pregni di significato: Atreju  e Festa Nazionale dei Giovani democratici.

La prima è il raduno annuale dei giovani del centro-destra, la seconda la kermesse dell’organizzazione giovanile del Partito Democratico.

Dopo gli anni dei grandi comizi dei segretari di Partito, le due kermesse giovanili si candidano, con ottime speranze,a  diventare il vero appuntamento politico del dopo estate.

L’analisi dei programmi dei dibattiti delle due feste consente di dare una lettura, sebbene parziale, delle forze in campo e dei temi su cui le due organizzazioni giovanili costruiranno l’agenda politica dell’anno politico.

Già dai titoli è possibile  farsi un’idea:” Al Lavoro”, dicono i GD. “La Terza Guerra. Grande Finanza contro Popoli” risponde Atreju. Titoli evocativi, programmatico il primo, battagliero il secondo.

Su questo leit-motive si snodano le differenze tra i due eventi.

Ad Atreju in questi giorni sono trattati i grandi temi della finanza, dell’economia, della famiglia,della giustizia, delle riforme costituzionali con un taglio estremamente identitario.

La festa dei Gd, che a tratti assume anche i contorni di una conferenza programmatica, concentrandosi su workshop tematici su Lavoro, istruzione, youth guarantee senza perdere di vista il dibattito politico pre-congressuale del Partito Democratico.

L’elemento interessante che emerge è una forte stretta identitaria delle due organizzazioni. Sembrano lontani i tempi della contaminazione politica, della sintesi tra più culture. Si divaricano e si rendono più marcate le differenze politiche. Meno programmi, più ideali. Una torsione identitaria che non è detto sia un male, in un Paese che negli ultimi 20 anni ha conosciuto contrapposizioni a volte estremamente lontane dalla politica e dalle esigenze della realtà.