Voto ai fuorisede: intervista a Michele Masulli della Segreteria Nazionale GD
A pochi mese dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo i Giovani democratici rilanciano la battaglia per consentire il voto anticipato a distanza per i cittadini in mobilità. (Francesco E. Gentile)
Estendere il voto ai fuori sede. Quale è il senso di questa scelta?
Significa rendere effettivo il diritto di voto per tutti i cittadini italiani, è uno dei diritti imprescindibili delle democrazie ed oggi, purtroppo, in troppi casi non viene garantito. I movimenti migratori interni al territorio nazionale e diretti verso l’estero rappresentano da anni un dato di fatto: ammontano al milione circa gli italiani che vivono lontano dal proprio luogo di residenza, sia in Italia sia all’estero; si tratta di studenti universitari domiciliati fuori dalla propria regione, lavoratori pendolari di lungo raggio, studenti Erasmus, volontari di servizio civile all’estero, ragazze e ragazzi impegnati in stage e tirocini all’estero o in programmi di mobilità europea etc.
Sono sempre di più coloro che chiedono di veder riconosciuto il diritto di voto fuori sede e che negli ultimi anni hanno dato vita a forme organizzate di rivendicazione: penso al comitato “Io voto fuorisede”, nato nel 2008 e che ancora in questi giorni di dibattito parlamentare, in modo instancabile, tiene alta la guardia sul tema, alle associazioni di studenti italiani presenti nelle università inglesi (Oxford University Italian Society, Cambridge University Italian Society, LSE Student Union Italian Society, Fonderia Oxford), che, a ridosso delle elezioni politiche del 2013, hanno promosso un appello sottoscritto da numerose organizzazioni giovanili italiane, o ai 1283 cittadini italiani che hanno aderito alla protesta “#iovotolostesso” e, sempre in corrispondenza delle ultime elezioni politiche, si sono recati in seggi insediati in 26 città europee, esprimendo un voto simbolico, ed altri lo hanno fatto per via telematica.
Non si può continuare ad eludere un’esigenza diffusa, né la classe politica italiana può limitarsi, in modo quanto mai retorico, a fare riferimento alla “generazione con la valigia in mano”, a decantare i giovani “dell’Erasmus e dei voli low cost” o a magnificare la “società della conoscenza”, se poi non risponde alla necessità di impedire che, nei percorsi di mobilità, si perdano diritti incomprimibili. I percorsi di vita, per bisogno o volontà, si svolgono in una dimensione geografica sempre più ampia. Per questo è necessario che le procedure elettorali evolvano. Non può non essere così in una fase in cui l’astensionismo, la disaffezione, la rabbia verso le istituzioni imperversano e il cortocircuito della rappresentanza politica caratterizza le difficoltà delle democrazie.
Ci auguriamo che le prossime elezioni europee, la cui rilevanza per gli Stati europei e per il mondo è nota, siano le prime in cui i cittadini italiani fuori sede possano esprimere il proprio voto dal rispettivo luogo di domicilio.
La situazione in Parlamento com'è?
Sono numerosi gli emendamenti alla legge elettorale che mirano a risolvere la questione, diversi per ampiezza dei soggetti che si vanno a garantire e per le possibilità organizzative suggerite. Quelli proposti dal PD, grazie anche all’impegno dei deputati più giovani, sono stati ritirati sulla base di una richiesta del Presidente del Consiglio, motivata con la necessità di pervenire all’approvazione della legge elettorale il più velocemente possibile e nel solco dell’intesa trovata con altre forze politiche.
Rimangono da discutere, tuttavia, gli emendamenti presentati dall’on. Vargiu di Scelta Civica, sottoscritti anche da deputati PD, che garantiscono il diritto di voto alla totalità dei cittadini italiani che si trovano in luogo che non sia quello di residenza. Il M5S e SEL hanno annunciato voto favorevole. Auspichiamo vivamente che anche i gruppi parlamentari delle maggiori forze di governo vorranno aderire ad una battaglia importante per il rafforzamento della nostra democrazia. La riforma della legge elettorale è il momento più opportuno per sanare una grave ingiustizia e lanciare un forte messaggio di cambiamento.
Ci sono esperienze analoghe in Europa?
Certo, gran parte dei Paesi europei, in particolare gli Stati con cui l’Italia è abituata a confrontarsi, ha già affrontato il tema, implementando vari meccanismi: voto per corrispondenza, voto per delega, seggi speciali, sono soluzioni sperimentate. E provvedimenti simili sono stati assunti anche sull’altra sponda dell’Atlantico. Evidenzio che l’introduzione di questa modifica alla legge elettorale non comporterebbe un aggravio di costi, tutt’altro: le agevolazioni sugli spostamenti che lo Stato assicura agli elettori ammontano a circa 27 milioni di euro a legislatura, una somma che, secondo stime approssimate, risulterebbe superiore rispetto ai costi di cui dovrebbero farsi carico i consolati e le prefetture, strutture cardine per l’esercizio di voto da parte dei fuori sede.