#19luglio: eppure le Madonne si inchinano ancora

di Katia Tulipano

Il 19 luglio 1992, in un attentato di stampo terroristico mafioso, il giudice antimafia Paolo Borsellino, all'epoca Procuratore aggiunto a Palermo, e la sua scorta perdevano la vita. Quel pomeriggio di 22 anni fa cambiò la storia del nostro Paese e ciascuno di noi. (Katia Tulipano)

borsellino Tutti ricordiamo dov'eravamo, cosa stavamo facendo mentre la tv trasmetteva immagini di dolore, disperazione, sconfitta, delusione. Non poteva essere stata solo la mafia a compiere quelle stragi. Lo pensammo tutti. E capimmo all'improvviso che lo Stato ci aveva tradito.

Quelle morti indirizzarono la strada di tanti.

Qualcuno si è iscritto a Giurisprudenza proprio all'indomani di quel 19 luglio. Io l'ho fatto. Oggi come allora parlare di mafia significa mettere a rischio la propria vita. Ma il sacrificio di Falcone e Borsellino, il dolore e la rabbia per la loro morte, portano ogni anno migliaia di giovani a Palermo a bordo delle navi della legalità, associazioni a impegnarsi quotidianamente per dare un'alternativa concreta ai ragazzi destinati a diventare manodopera della criminalità organizzata, spinge tante vittime del racket a denunciare i propri sanguisuga. Il dolore di quel 19 luglio ci ha fatto ricordare che lo Stato siamo Noi.

Anche se le Madonne si inchinano ancora dobbiamo rimboccarci le maniche. Come diceva Borsellino: "Nella Lotta alla mafia il primo problema da risolvere non deve essere solo una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità".