#SupportGuerrilla: lavoro, resistenza e partecipazione giovanile al confine bosniaco

di Feliciana Farnese

Una storia di resistenza giovanile che mette insieme capi d’abbigliamento, mobilità internazionale ed impegno sociale.

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Quali significati si nascondono dietro la scelta di investire le proprie competenze ed il proprio futuro in un territorio che a vent’anni dalla fine del conflitto balcanico fatica ad elaborare un progetto di sviluppo socio-produttivo comune e dove le poche risorse pubbliche rimangono per lo più catalizzate all’interno dell’apparato burocratico statale?

Osservata da lontano Funky Guerrilla è una marca di abbigliamento giovanile con sede a Gradiška, cittadina di circa trentamila abitanti situata al confine settentrionale della Repubblica Serba di Bosnia (Republika Srpska), una delle due entità nazionali che formano lo stato di Bosnia ed Erzegovina. Da due anni l’azienda produce vestiti, felpe e t-shirt. Alcuni rivenditori in Fedearcjia, una piattaforma di vendita on-line e una propria boutique a due passi dalla via centrale di Gradiška ne costituiscono il bacino di distribuzione. Tutti elementi che descrivono una realtà produttiva tesa a mantenere un business in attivo.

È solo andando oltre i canoni estetici ed economici che guidano l’industria e il mercato della moda che si può notare il valore del fenomeno Funky Guerrilla. Con un po’ più di attenzione si scopre che la casa di abbigliamento è di completa proprietà di Udruženje Most, associazione che dal 2009 conduce progetti di mobilità internazionale per giovani bosniaci e programmi di prevenzione sociale ed aiuto alle fasce sociali più deboli della comunità locale: per lo più bambini con problemi familiari, orfani, vittime di violenza domestica oggi in custodia, o semplicemente ragazzini con problemi di socializzazione e/o scolarizzazione.

Attraverso le proprie attività, l’associazione nel tempo è stata capace di creare e convogliare attorno a sé un buon numero di volontari, giovani tra i 16 e i 22 anni che a Most trovano la possibilità mettere in pratica le proprie competenze, conoscere nuove persone, fare gruppo e confrontarsi. Al di là dell’impegno con i più piccoli nelle attività post-scolastiche, il gruppo di volontari conduce in maniera autonoma il Budi Muško Klub, un appuntamento settimanale nel quale vengono affrontate questioni di genere e problematiche legate alla sessualità.

In un sistema burocratico e statale dove i livelli di riconoscimento individuale si relazionano con una cornice di significato che la politica locale continua ad interpretare strumentalmente con categorie legate alla storia recente, facendo dell’appartenenza etnica lo strumento principe per mantenere il proprio bagaglio di voti e mascherare la propria inadeguatezza nel trovare risposte alla situazione di crisi economica e sociale corrente, la programmazione associativa e produttiva di Predrag, Rina, Dajana e Miroslav, è espressione di una volontà politica ampiamente resistente.

A Most si mettono in atto pratiche che hanno un significato politico profondo: si cerca di far confrontare i ragazzi su questioni di genere per renderli consapevoli dei paradossi del machismo insito nella società nella quale viviamo, così come si insegna ai più piccoli che condivisione è sinonimo di arricchimento, collettivo quanto individuale.

Funky Guerrilla si modula come una comunità eterogenea mossa da una volontà di governance indipendente, caratterizzata da un forte senso di impegno nella vita sociale locale. Per cercare di comprendere quali siano i fattori che riescono a garantire a Most/Funky Guerrilla il mantenimento di un alto livello di indipendenza nei confronti della politica e dei partiti locali, è necessario puntare lo sguardo sui caratteri dell’esperienza avuta dal gruppo in questi anni.

Nei molti progetti elaborati in collaborazione con uffici pubblici, le competenze in materia di servizi sociali ed una rilevante capacità progettuale da un lato, e l’estrema carenza di fondi che istituzioni locali e nazionali investono in politiche di welfare dall’altro, hanno fatto dei servizi garantiti da Most una risorsa della quale difficilmente le istituzioni locali possono fare a meno, a prescindere dalla posizione di autonomia decisionale che l’associazione tende a mantenere. In secondo luogo, il lavoro condotto negli anni da Most è riuscito a sfruttare canali di riconoscimento esterni, legati per lo più al mondo delle ONG, locali ed internazionali. Per quanto capace di modellare tempi ed entro un certo limite i temi di sviluppo, la progettualità europea ed internazionale costituisce in questo caso una delle maggiori risorse di crescita delle attività dell’associazione: il riferimento non è solamente al reclutamento di fondi, ma allo sviluppo di competenze e reti di collaborazioni.

Alla base del lavoro di Most/Funky Guerrilla centrale è la volontà di contribuire all’inversione di quella tendenza socio-economica dello stato di Bosnia che trova i propri segni distintivi in quel 50% di ragazzi tra i 18 e i 30 anni che esprime volontariamente la propria intenzione di emigrare dal paese, e in un indice di disoccupazione giovanile fermo al 62% (si veda ad esempio il report della Banca Mondiale). In un contesto economico e sociale dove le poche risorse fanno del coinvolgimento partitico uno dei maggiori canali di collocamento, il sistema virtuoso innescato da Funky Guerrilla riesce a dare lavoro full time a 10 persone (cinque in associazione, tre in laboratorio, due in negozio) e coinvolgerne nelle proprie attività sociali un’altra cinquantina.

È difficile non vedere della resistenza in tutto questo. Resistenza a un andamento del mercato del lavoro che vorrebbe questi giovani trasformarsi in manodopera altamente qualificata a basso costo emigrata nei luoghi della diaspora (Austria, Germania, Australia e Canada, per citarne alcuni). Resistenza all’immobilità politica e ad una dinamica locale che, facendo perno su una mancanza di possibilità lavorativa, li vorrebbe tutti apatici figli di quella struttura politico-burocratica in mano al Dodik di turno.

Nel descrivere i motivi che spingono il gruppo nella pratica quotidiana, la risposta è emblematica tanto quanto il riferimento semantico: decidere oggi di pensare il proprio futuro al confine bosniaco è una battaglia quotidiana. Non è guerra, ma una guerrilla intrapresa con consapevolezza e volontà di incidere nelle dinamiche locali. A Most si sorride, si condividono problemi e soddisfazioni. Si ha la possibilità di mettere a disposizione le proprie esperienze e sentirsi parte, a vari livelli, di una comunità allargata che fa della diversità, della tolleranza e della sostenibilità i propri valori. Ci si sente parte, in altre parole, di una Funky Guerrilla.

Pensare una produzione da affiancare alle attività associative e costituirsi così come impresa sociale è un’idea che maturò all’interno del gruppo due anni fa, mossa da un duplice obiettivo: il primo, come descritto in precedenza, è la creazione di un’offerta lavorativa capace di convolgere giovani adulti residenti in loco. Il secondo, più programmatico, si declina come centro del circolo virtuoso che Funky Guerrilla rappresenta. Produzione e vendita sono infatti tese alla creazione di un profitto per metà volto a coprire il budget salariale ed investito nello sviluppo dell’azienda, per l’altra devoluto alle attività dell’associazione, finanziando nuovi progetti o semplicemente saldare le spese di quelli in corso.

In sostanza, i vestiti vengono ideati, cuciti e venduti per creare nuove forme di socialità, sostentamento e partecipazione alla vita pubblica. Una progettualità che nel tempo si è scontrata con difficoltà burocratiche e finanziarie tipiche di qualsiasi piccola impresa che muova i suoi primi passi. In aggiunta, la specificità del caso bosniaco, caratterizzato da una situazione economica e finanziaria fortemente instabile, mantiene Funky Guerrilla in una condizione di sostenibilità precaria: per quanto il brand abbia avuto in questi due anni una crescita esponenziale, la mancanza di risorse atte ad un ampliamento del personale in fase di produzione costituisce il maggiore ostacolo per soddisfare la domanda reale e poter sbloccare quella potenziale. Se le regole del mercato chiedono all’associazione un investimento economico importante, il percorso scelto per il reperimento di questi fondi si è tradotto in #supportguerrilla, una campagna di crowdfunding tesa a raccogliere 21.000 dollari, con i quali verranno creati tre nuovi posti di lavoro per giovani donne residenti nell’area.

Una scommessa, il crowdfunding, che da settimane ha messo insieme tutte le anime di Funky Guerrilla. Sarte, bambini, volontari ed artisti locali hanno messo a disposizione la propria esperienza per contribuire alla costruzione di uno storytelling collettivo a più forme: dall’elaborazione del fumetto The Guerrilla Case, alla video intervista, fino al ritratto fotografico. Vari modi per descrivere l’impatto del fenomeno guerrillero nella quotidianità di un collettivo di persone in espansione che trovano in Most lo spazio sociale per condividere, insieme, un sistema di valori resistenti.

(fonte: www.lavoroculturale.org)