Bombe e attentati: l'Italia torna indietro?

di Anna Laudati
Una spirale di violenza sembra riportare il Paese agli anni ‘70 (di Francesco  Enrico Gentile) 

bocconi.jpgScorrendo le pagine dei maggiori quotidiani degli ultimi giorni potrebbe sorgere una domanda: “ In che anno siamo?” Si, è esattamente questa la domanda che ci si può porre osservando la spirale sempre maggiore di violenza, tensioni, scontri che oramai a scadenza quotidiana segnano lo scorrere delle italiche  giornate. Ultimo avvenimento in ordine di tempo,e non certo di importanza, è lo scoppio della bomba all’Università Bocconi di Milano. (foto corriereweb.net)

A pochi giorni dal vigliacco ferimento del Presidente del Consiglio dei Ministri, ad opera di Massimo Tartaglia, 45enne psicolabile residente in uno dei tanti comuni della cintura milanese, il capitale economica del Paese è scossa da un altro episodio di violenza. In uno dei corridoi che uniscono la sede della prestigiosa università privata a Via Sarfatti e la Scuola di Management è esploso, fortunatamente, solo l’innesco di un ordigno costruito con un tubo riempito da due chilogrammi di dinamite, viti e bulloni. Un attentato puramente dimostrativo, visto il luogo poco frequentato, ma che secondo la Digos era comunque in grado di provocare ingenti danni alle cose. Puntuale dopo poche ore dallo scoppio è giunta la rivendicazione da parte della FAI, la Federazione Anarchica Informale, un gruppo di sedicenti rivoluzionari che in questi anni si è reso protagonista di molteplici episodi di violenza ai danni di caserme e carceri. La FAI guadagno l’onore della ribalta nel 2003 quando recapitò alcuni pacchi bomba all’allora Presidente della Commissione Europea. Rivendicazione, ordigno, violenza: il lessico sembra riportare davvero l’Italia agli anni ’70, anni di tensione e violenza. Cosa accade nel ventre molle del Paese, si chiedono gli analisti? Possibile che si siano già sopiti i ricordi delle strade insanguinate, dei morti ammazzati e della intollerabile sensazione di un paese in balia di sé stesso?

Parrebbe di si, a giudicare anche dalla atavica incapacità del ceto politico nostrano di dar seguito alle sensate quanto rituali dichiarazioni inneggianti alla concordia e all’armonia. Mentre esplodono le bombe in Parlamento autorevoli rappresentanti istituzionali, di maggioranza e di opposizione, fanno risuonare nell’Emiciclo di Montecitorio termini pericolosi quanto ammuffiti: mandanti morali, centrali di odio, fomentatori di violenza etc.. Verrebbe quasi voglia di regalare a ciascun parlamentare e uomo politico il libro di Mario Calabresi, figlio di Luigi, commissario di polizia ucciso da Lotta Continua. Nel suo libro, che tratteggia con misura ma con disarmante semplicità il dolore di un figlio, l’attuale direttore de “La Stampa” di Torino dice:” pur senza rinunciare al diritto di avere giustizia, non si può restare prigionieri dell’odio. Bisogna saper vedere e riconoscere il bello e il buono che c’è in ogni uomo, anche in chi ti si pone come nemico. Bisogna «scommettere tutto sull’amore per la vita».