Gli indignados dei volontari bloccati

di Katia Tulipano

In queste i volontari “bloccati” si stanno mobilitando in Rete per l’organizzazione di una manifestazione prevista a Roma per il 1 febbraio contro la sentenza del Tribunale di Milano che ha accolto il ricorso di un giovane pakistano escluso perché privo della cittadinanza italiana  con il conseguente blocco degli avvii dei volontari per il 2012. (Katia Tulipano)

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Amarezza, ansia, rabbia i sentimenti che animano questi ragazzi.

 

C’è anche chi tra i “bloccati” addita in Syed, il giovane pakistano, l’unico responsabile del blocco degli avvii, e lancia in Rete continui attacchi contro di lui.

 Gaia Saviotti, una dei 16.000 giovani bloccati, non ci sta a quest’atteggiamento accusatorio. Si indigna!

25 anni, una Laurea in Sc. Sociali per la Cooperazione, lo Sviluppo e le Relazioni tra i Popoli ed un sogno fin da ragazzina: lavorare nel campo della cooperazione in America Latina. 

Grazie al Servizio Civile il suo sogno si stava per avverare: il 15 febbraio sarebbe dovuta partire per il Perù nell’ambito di un progetto dell’Associazione ASPEm.

E’ sfiduciata ed in ansia per il suo futuro, che non può essere progettato perché è una di “…quelli che aspettano la sentenza”. Ma la sua amarezza più grande viene dal comportamento dei suoi futuri colleghi che si scagliano in Rete contro Syed.

In una lettera aperta a ServizioCivileMagazine Gaia dà voce a tutti quelli che si indignano e condannano questo comportamento. Richiama quanti come lei stanno vivendo una vita in stand-by allo spirito di "servizio", valore che li ha spinti a scegliere il Servizio Civile come strumento di partecipazione alla vita sociale: la solidarietà!

Leggiamola. Per non smettere di indignarci mai. E per essere orgogliosi dei nostri giovani volontari!

“Vorrei condividere con tutti gli aspiranti volontari “bloccati” il mio disappunto e la mia amarezza per gli attacchi cui assisto in Rete contro il giovane pakistano che ha presentato ricorso contro l’esclusione al Servizio Civile perchè privo della cittadinanza italiana.

Mi sembra un po' squallido questo attaccare (sottilmente e meno sottilmente) Syed o dargli la colpa della nostra situazione: ma con che spirito vogliamo intraprendere il SC? Con questo tanto meschino?

A me per prima girano le scatole: sono dovuta tornare in una città dove non vivo bene, ancora una volta in casa coi genitori (per carità, amo i miei genitori, ma a 25 anni speravo di essere autonoma), lasciare amici, persone a cui volevo bene, rinunciare ad opportunità di lavoro e di vita all'estero, che mi avrebbero fatto vivere più serena a livello economico e mentale, e adesso mi ritrovo per l'ennesima volta parcheggiata in un limbo, senza sapere quanto aspettare e cosa, senza soldi per mantenermi, senza una prospettiva di futuro (in Italia sono molto bravi a rubarci prospettive di futuro a ogni pié sospinto).

E questa è la storia che mi potrebbero raccontare molti/e di voi.

Ma pensate per un momento di essere voi Syed e che dopo una vita passata in Italia, ancora non abbiate gli stessi diritti che hanno tutti i vostri coetanei, i vostri amici, le persone con le quali condividete la vostra vita quotidiana. E non avere questi diritti non solo relativamente al SC, ma a molti altri ambiti della vita: se noi siamo arrabbiati/e, non ha il diritto di esserlo anche lui? Non lasciatevi tirare nell'ormai vecchio giochetto de "i nostri giovani italiani" VS "quegli ingrati piantagrane dei giovani stranieri che vorrebbero essere uguali a noi, ma alla fine, dai, non lo sono". Non lasciatevi abbagliare da chi vuole che ci scanniamo tra di noi per poter continuare a fare i propri comodi e risparmiare sui soldi del SC per investirli da qualche altra parte (altri F35, le Maserati per gli alti gradi dell'esercito, altri aiuti alle banche, ...?) Lo sappiamo tutti che la responsabilità della nostra situazione è politica, non di questo singolo fatto in sé, allora guardiamo la luna, non il dito e arrabbiamoci e protestiamo contro chi ha la VERA responsabilità di aver ridotto il SC a questo binario morto.

Un saluto resistente. Gaia.”