Casal di Principe: tra i ragazzi che si battono contro la "cattiva nomea"
Età compresa tra i 20 e i 25 anni, quasi tutti studenti universitari, segni particolari ‘casalesi’ (di Francesco Enrico Gentile)
Casal di Principe, interno giorno. Dieci ragazze e ragazzi aspettano, pronti a parlare del proprio impegno tutto volto alla legalità e al rispetto della legge nell’ambito del Laboratorio di Servizio Civile realizzato da Amesci in collaborazione con l’istituzione comunale. L’impressione che danno, visti insieme, è quella di gente determinata, decisa, pronta a difendere con i denti la “dignità perduta” dei casalesi. Gli abitanti, non il clan.
Quasi come un mantra, una nenia, ti ripetono che Casale non è quello che raccontano, che i media narrano e che i libri di successo descrivono. Traspare un leggero disprezzo dalle loro parole, come se chi ha scritto, descritto e denunciato si sia macchiato del reato, tutto italico, di “infangamento del territorio”, come se fare il proprio mestiere, sia quello dello scrittore o del magistrato, incontri i limiti dell’opportunità. Come se Roberto Saviano o Raffaele Cantone dovessero in qualche modo autocensurasi, per non diffondere la cattiva nomea, come ci dice uno dei ragazzi.
Gli stessi, sia chiaro, che legittimante rivendicano il loro diritto a restare a Casal di Principe, a immaginare lì il proprio futuro, la propria vita di adulti. Sono pesanti le parole dei vigilini, come li chiamano i cittadini che, dopo anni, cominciano a intravedere il rispetto delle più elementare regole della strada. “Qui ci sono i giovani che combattono la camorra, anche se hanno i parenti camorristi.”
“Ormai se mandiamo i nostri curriculum alle aziende del nord li stracciano appena leggono il nome della nostra città”.
Alibi o reale disagio? Perché il tema e’ esattamente questo: quanto è spesso il confine tra un’appartenenza territoriale e una deviata rivendicazione di vittima? Chi le vittime: chi denuncia o chi, grazie a quelle denuncie, sente addosso finalmente i riflettori della cronaca?
Lo schema del complotto contro la città di Casal di Principe regge poco, evidentemente. Non è certo un caso che nella sola Casal di Principe, ridente cittadina che conta circa 20000 abitanti, ci siano circa 1200 condannati al 416bis, il famigerato reato di associazione a delinquere di stampo camorristico.
Il dato indica una pervasità del fenomeno camorra in quel territorio che ci parla di una diffusione dei clan notevole.
Non è di sostegno popolare che si parla, certo, ma di una tacita accettazione senza dubbio.