Enrico Maria Borrelli, Presidente di Amesci, traccia un bilancio dell’anno appena trascorso e fissa le priorità per riformare in maniera efficace il sistema Servizio Civile (di Francesco Enrico Gentile)
Si chiude un anno intenso per il mondo del Servizio Civile, e non solo. Quale e’ il bilancio che ne fa Enrico Maria Borrelli, presidente di Amesci? Il bilancio è quello di un anno intenso, in cui le prospettive di cambiamento non sono apparse tutte rassicuranti. Ottimo il ritorno del Servizio Civile Nazionale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo i due anni di sperimentazione presso il Ministero della Solidarietà Sociale ....
.... , meno buona la notizia dei tagli al fondo nazionale praticati da entrambi i governi che si sono succeduti nel corso dell’anno, e meno buona la notizia dello spostamento degli oneri retributivi in capo ai volontari. Ma da quanto leggiamo e ascoltiamo nelle occasioni di incontro pubblico la volontà di migliorare il servizio civile ed il suo impianto normativo appare forte e questo, per il nuovo anno che si presenta alle porte, è un buon inizio.
Amesci fa parte della Consulta Nazionale del Servizio Civile. Tra i diversi componenti della Consulta c’è un opinione comune rispetto alle modifiche da adottare alla Legge 64? Per quanto riguarda la norma principale, ovvero la legge 64 del 2001, abbiamo sicuramente diversi punti di vista in comune, come ad esempio il riconoscimento di uno status giuridico dei giovani in servizio civile, la necessità di rivedere il funzionamento del sistema e di prevedere un ruolo più attivo delle regioni anche sul versante dei finanziamenti. Non ultimo anche i criteri di finanziamento del fondo nazionale che dovrebbe partire dalle esigenze rilevate in fase di programmazione piuttosto che far discendere la programmazione e, quindi, la determinazione del contingente di volontari da avviare dalla disponibilità o meno di risorse economiche presenti in finanziaria. Va detto che sugli aspetti più strettamente organizzativi del sistema, disciplinati dal decreto legislativo 77/02 nonché da circolari dello stesso Ufficio Nazionale, gli enti hanno visioni differenti sia sul tema dell’accreditamento che sul tema della progettazione, assi centrali per la disegnare il sistema del servizio civile nazionale.
La Finanziaria per il 2009 prevede una forte riduzione del Fondo Nazionale per il Servizio Civile. La conseguenza immediata sarà una riduzione del numero dei ragazzi e delle ragazze che potranno in futuro fare Servizio Civile. Che ne pensa? Ecco il problema di cui parlavamo pocanzi. L’incertezza che ogni anno ricorre sulla disponibilità di risorse in finanziaria sta creando enormi difficoltà a tutti gli enti, poiché l’organizzazione delle strutture è un problema ed un costo esclusivo degli enti al quale il fondo nazionale per il servizio civile non contribuisce assolutamente, e dunque sempre più spesso gli enti si trovano nella condizione di aver effettuato investimenti preventivi per progetti di qualità che non potranno mai vedere la luce proprio per carenza di fondi. Ad ogni buon conto, il sottosegretario Giovanardi si è attivato per recuperare fondi in finanziaria, si parla probabilmente di ulteriori 40 milioni di euro, e con l’esonero dei costi previdenziali Inps a carico del fondo nazionale per il servizio civile, manovra che ha consentito di recuperare il 25% delle risorse per destinarle all’avvio di migliaia di volontari, si è riuscita ad offrire una prima risposta. Dal timore di poter avviare solo 10.000 volontari nel 2009 siamo risaliti alla “speranza” di arrivare a 30.000.
Nel decreto anti-crisi approvato lo scorso novembre è stato introdotto un radicale cambiamento del regime contributivo per i volontari in servizio civile. Una riforma giustificata da una esigenza di razionalizzazione della spesa. Qual’e’ il suo giudizio in merito? Questa scelta del Governo ci lascia sicuramente perplessi e poco propensi ad esprimere un giudizio favorevole, ma l’alternativa era perdere migliaia di posti e quindi di occasioni per i giovani. A nostro avviso si devono trovare soluzioni diverse in finanziaria e attraverso un sostegno delle regioni al fondo nazionale piuttosto che penalizzare i giovani da un punto di vista retributivo, anche se considerati i tempi ristretti in cui il governo ha dovuto operare immagino che la soluzione sia stata quella apparentemente meno dannosa per il sistema.
L’On.le Massimo Palombi, ex direttore dell’Ufficio nazionale per il Servizio Civile, in un’intervista rilasciata a SCM nel settembre scorso, disse che la legge 64 fu redatta in previsione della crescita del sistema servizio civile e che l’involuzione degli ultimi anni è dovuta proprio ad un cambiamento di rotta da parte del Governo che ha preso decisioni non più in linea con le aspettative iniziali. Dunque, da più parti in questi mesi è stata richiamata l’esigenza di una riforma complessiva del Sistema Sc. Su che direttrici lei pensa ci si debba muovere? Gli obiettivi principali intorno ai quali riorganizzare il sistema sono sostanzialmente tre: il primo è quello di innalzare il livello qualitativo dell’esperienza a favore dei giovani e delle comunità locali, facendo tesoro di questi primi anni di sperimentazione e mantenendo fermo il timone sul carattere di omogeneità nazionale dell’esperienza; il secondo è quello di una revisione delle norme sull’accreditamento e sulla progettazione, ancora troppo ingessate di burocrazia e, come tali, scarsamente indicative
della reale qualità del servizio svolto dagli enti e dai giovani; il terzo è quello di favorirne l’integrazione con altre politiche di interesse per i giovani, quali la formazione, il lavoro, la mobilità europea, rafforzando quel sistema di crediti acquisibili dai giovani attraverso il servizio civile che oggi sembra proprio non voler decollare.
Passiamo ad argomenti “geograficamente” a lei più vicini. Napoli e la Campania. Chi vive in città parla ormai di una crisi irreversibile non solo del sistema politico ma del tessuto sociale e produttivo. E’ d’accordo? Napoli è una città che soffre periodicamente di qualche male, costantemente di altri, raramente gode di buona salute. Non credo nelle crisi irreversibili mentre credo al piacere, quell’insano gusto, di lamentarci della nostra quotidianità. E il napoletano in questo non fa eccezione. Ritengo che la situazione sia difficile, in realtà non più di quanto non lo fosse già negli anni ’80, eppure la città è rinata e lo ha fatto con orgoglio. Aspettiamo, come ogni anno avviene per il sangue di San Gennaro, che qualcuno si prenda la briga di dare il primo, necessario, segnale di cambiamento. Con calma s’intende.
Lo scorso dicembre si è conclusa l’attività dei ragazzi e delle ragazze impegnate nel famoso “bando straordinario per Napoli” predisposto dallo scorso Governo sull’onda dell’emozione suscitata dall’ultima guerra di camorra. Lei pensa sia stata un’esperienza utile per i giovani, oltre che per la città? Un’ esperienza da ripetere? Se si, cambierebbe qualcosa nel modo in cui è stato gestito il progetto? L’esperienza del bando Napoli, alla quale Amesci ha attivamente partecipato, non è stata significativa come ci si aspettava. Mi sento di dire che a non aiutare la piena riuscita del bando, che doveva essere interamente dedicato alla legalità, hanno contribuito le decisioni politiche che lo hanno reso un bando come un altro, destinato a coprire qualsiasi tipo di intervento. E quindi tirare complessivamente le somme su un bando del genere è improprio, posso sicuramente dire che il nostro progetto sulla legalità ha portato ottimi risultati per la formazione dei giovani e, non ultimo, per aver dato vita alla Rete per la Legalità in provincia di Napoli. Ma noi rappresentiamo una piccola parte degli enti che vi hanno aderito.
Se ne parla sempre, al nord i ragazzi che partecipano ai bandi di servizio civile sono pochi rispetto alle numerosissime richieste che arrivano dai giovani del sud. Come si potrebbero incentivare, o comunque se esiste, qual'è la soluzione a questa disparità di interesse? Se crediamo realmente che il servizio civile sia fatto per offrire un’opportunità ai giovani allora questo è un falso problema. Laddove i giovani non cercano questa opportunità, non capisco perché ci si debba ostinare a fargliela vivere. Non siamo certo in regime di coscrizione obbligatoria. Se invece, come sembra, il servizio civile è visto in alcune aree del Paese come un’occasione per gli enti allora la cosa diventa certo un problema. Tra gli oneri di un ente vi è quello di fare un’analisi attenta del territorio in cui opera, rilevando ogni fattore utile alla buona riuscita dei progetti, cosa che evidentemente alcuni enti non fanno, se restano puntualmente scoperti di giovani. Ogni anno si lasciano vacanti posti che si potrebbero più semplicemente concedere a quegli enti e in quei territori dove la domanda dei giovani resta troppo spesso inevasa, creando per altro la dannosa percezione di un servizio civile per pochi. Certo una soluzione interessante potrebbe essere quella di favorire gli scambi-nazionali di servizio civile, in linea con le politiche giovanili di integrazione europea, favorendo così una maggiore conoscenza del proprio Paese ai giovani. Si potrebbero sostenere gli spostamenti di giovani che decidono di fare servizio civile fuori regione, anche se questa strada avrebbe chiaramente un costo che ricadrebbe sul fondo nazionale. Il timore, confesso, è però quello che si assista ad una migrazione unidirezionale dal sud al nord anche per fare servizio civile, poiché se i giovani non sono interessati a farlo sotto casa figuriamoci lontano da casa.
Nel 2009 inizia il tredicesimo anno di vita di Amesci. Qual è la definizione giusta tra le tante che le sono state attribuite? Un service, un ente no profit, un’associazione di promozione sociale? Sono tutte definizioni giuste, che si integrano e ne completano il quadro d’insieme. Siamo sicuramente un’associazione moderna, con una logica di organizzazione che cerchiamo di affinare seguendo esempi più illustri come quelli del Consorzio Gino Mattarelli o di altre imprese sociali cui guardiamo con grande interesse, pur non tralasciando mai la natura e lo spirito di un’associazione che nasce dall’esperienza del volontariato e pratica quotidianamente i valori dell’impegno sociale insieme a migliaia di giovani.
Quali sono le prospettive della sua associazione? Abbiamo tre obiettivi per i prossimi anni: accrescere le capacità organizzative interne, sviluppare forme innovative di partecipazione alla cittadinanza attiva dei giovani e radicare l’associazione su tutto il territorio nazionale e all’estero puntando sulle politiche giovanili e sull’educazione alla legalità. Il tutto nei prossimi cinque anni.