Servizio civile: quale riforma?

di Enrico Maria Borrelli

Lo scorso 16 luglio si è tenuto alla Camera dei Deputati un seminario sulla riforma del Servizio Civile Nazionale, organizzato dal Forum Nazionale Servizio Civile. Nelle quattro ore di lavori si sono succeduti numerosi interventi delle organizzazioni e dei parlamentari in un corale intendimento a favore del rilancio dell’Istituto. (Enrico Maria Borrelli)

servizio_civile_quale_riforma Per quale motivo riformarlo? Perché ancora manca una visione chiara di quale sia la sua principale funzione nel Paese. Manca una programmazione che lo indirizzi verso bisogni specifici. Manca il coraggio di farne l’uso per il quale meglio si presta: aiutare la crescita dei giovani per il loro inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Il servizio civile, hanno sostenuto in molti, è anche strumento per l’occupabilità dei giovani, scuola di formazione e luogo di apprendimento dove acquisire competenze relazionali, sociali, persino linguistiche ed informatiche.

Un dibattito che in molti ha suscitato sorpresa, in qualcuno preoccupazione, in tutti fiducia. Fiducia che esistano ancora strade e strumenti per rinnovare il patto tra generazioni, che investire nei giovani voglia dire farlo per il bene del Paese, che coinvolgerli oggi nella rete sociale possa aiutarci a non vederli esclusi domani, ai margini della società e del mercato del lavoro. Anche questa è difesa della Patria: offrire spazi e opportunità di partecipazione a chi ha bisogno di trovare nella società la sua dimensione di cittadino, di uomo e di donna. Si è parlato di un Servizio Civile che ha evoluto la sua identità, senza contraddirla, attraverso le molteplici, tutte legittime, interpretazioni che i giovani gli hanno dato: desiderio di aiutare il prossimo, di acquisire competenze, consapevolezza e indipendenza, voglia di protagonismo e di mettere a frutto quanto imparato, quanto prima. Questo è il servizio civile che lo Stato deve istituzionalizzare, recepire in norma, integrare con le politiche ambientali, sociali e culturali del Paese affinchè i giovani difendano la Patria imparando a costruire, e difendere, anche il loro futuro.

Secondo i dati il 42% dei giovani ha trovato lavoro nei primi quattro mesi dopo l’anno di servizio civile, molti di questi presso l’ente dove hanno prestato servizio (Indagine Amesci, 2013). Se il servizio civile, dunque, crea competenze e occupazione l’investimento dello Stato moltiplica i suoi effetti. Va da sé che i 68 milioni di euro l’anno, quelli che restano dopo gli incessanti tagli al Fondo del Servizio Civile, appaiono davvero una scelta poco attenta per finanziare la speranza di un futuro migliore per le nuove generazioni e per il nostro Paese.{jcomments on}