Servizio Civile Nazionale: a chi conviene

di Enrico Maria Borrelli

Da quando nel 2001 è stato istituito il Servizio Civile Nazionale, prima affiancando poi sostituendo con i volontari i giovani impegnati nell’obbligo di leva, si è aperto un intenso dibattito sulla centralità di questo Istituto nelle politiche di partecipazione, educazione e formazione delle nuove generazioni. (Enrico Maria Borrelli)

enrico_maria_borrelli Nato come strumento di difesa della Patria, di cui conserva ancora pienamente lo spirito, il servizio civile è presto diventato luogo di impegno e formazione dei giovani, coinvolgendo in questi anni oltre 270 mila volontari. Di questi il 68% ha un diploma ed il 25% la laurea, a testimoniare un grado di istruzione medio-alto tra coloro che lo svolgono e la percezione che tra i giovani l’esperienza è vista come un’occasione di apprendimento da integrare con i tradizionali percorsi di istruzione e formazione. Al termine dell’esperienza, dentro le stesse organizzazioni presso le quali hanno svolto servizio civile, molti giovani restano come volontari e altri trovano opportunità di lavoro.

Un’indagine condotta nel 2012 rileva che tra quelli che riprendono la propria strada il grado di soddisfazione è comunque elevatissimo: il 98% dichiara di aver acquisito capacità di relazionarsi con gli altri, il 92% capacità organizzative, l’81% capacità informatiche, l’88% ha imparato a lavorare in gruppo, al 92% ha stimolato il desiderio di impegno sociale e per il 70% l’esperienza ha orientato le proprie scelte future. Dati entusiasmanti, sicuramente oltre le previsioni del legislatore, che offrono una prospettiva chiara sulla resa degli investimenti sostenuti dallo Stato. L’impalcatura del sistema si regge su una rete di enti, pubblici e del privato sociale, che investono risorse proprie per garantire il corretto svolgimento dei progetti. Un sistema complesso al cui interno si sono formate e stabilizzate specifiche figure professionali: formatori, progettisti, selettori, operatori locali di progetto. Personale talvolta volontario, molto più spesso invece assunto a contratto, che contribuisce a garantire non soltanto la qualità del servizio civile per i giovani che lo svolgono ma, prima ancora, quella ricaduta sociale che i progetti hanno sui territori e sui beneficiari diretti: apertura di biblioteche, informagiovani, centri culturali, assistenza alla persona, tutela del verde, prevenzione, protezione civile, integrazione culturale. Se da un lato lo Stato stanzia fondi pubblici per garantire l’avvio dei volontari, coprendo esclusivamente i costi del loro rimborso mensile (433€), dall’altro gli enti contribuiscono coprendo le spese di personale, strutture, strumentazioni, materiali, utenze, arrivando ben oltre il 50% dei costi reali legati al progetto. Per questo motivo accanto alla centralità dei giovani viene riconosciuto un ruolo fondamentale agli enti senza i quali lo Stato semplicemente non potrebbe tenere in vita il servizio civile. Se mettiamo insieme tutti questi fattori appare evidente che allo Stato il servizio civile convenga indiscutibilmente per la valenza di politica attiva in favore dei giovani, ma non di meno per lo straordinario rapporto moltiplicativo tra i costi e i benefici che produce. Dai circa 300 milioni di euro stanziati nel solo 2006 il Fondo Nazionale servizio civile è passato agli attuali 61 milioni disponibili per il 2013. Dai 57.000 giovani del 2006 si rischia quindi di scendere ai 12.000 previsti per quest’anno. Molti degli enti accreditati hanno già tirato i remi in barca non riuscendo, con l’esiguità di questi numeri, a garantire la sostenibilità dei propri costi. I giovani se ne stanno allontanando e lo dimostra un calo di circa il 20% delle domande di partecipazione, passate dalle 104.815 del 2007 alle 86.571 del 2011. Nel 2012 non è stato possibile avviare alcun bando per mancanza di fondi. Poche risorse, molte domande, tra le tante una: saprà il nuovo Governo cogliere l’opportunità di rilanciarlo prima che sia troppo tardi?